Frattura al polso della bambina durante l’attività didattica (Cass. civ., sez. III, 5 settembre 2023, n. 25841).

Respinto il risarcimento per la bambina che subisce una frattura al polso scontrandosi con la lavagna nel corso della lezione di lingua tedesca.

I genitori della scolara ricorrevano in giudizio per ottenere il risarcimento danni in quanto, la bambina, frequentante la quarta elementare, durante una lezione di lingua tedesca, nel correre velocemente verso la lavagna per scrivere un vocabolo richiesto dalla maestra, era stata spinta da un compagno e si era fratturata il polso sbattendo sulla stessa.

Secondo i genitori, l’aula dove si era svolto il gioco didattico non era un ambiente collaudato e idonea a tali attività e invocavano la responsabilità del personale docente.

Il Giudice di Pace di Trento accoglieva la domanda, condannando i convenuti in solido al risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 2048 c.c.. Il Giudice riteneva che l’attività (ovverosia correre il più velocemente possibile alla lavagna per scrivere il vocabolo richiesto dalla maestra), fosse pericolosa e che l’Istituto convenuto non avesse fornito la prova di avere adottato tutte le misure idonee, sotto il profilo organizzativo e disciplinare, per evitare il danno.

In sede di appello, il Tribunale di Trento, in riforma, dichiarava preliminarmente il difetto di legittimazione passiva dell’insegnante e del responsabile didattico e, nel merito, rigettava la domanda risarcitoria.

Il Giudice di appello riteneva dirimente la prova testimoniale che escludeva che la frattura al polso riportata dalla scolara fosse causalmente connessa all’attività didattica ritenuta pericolosa.

Secondo i genitori, invece, il Tribunale avrebbe errato nel ritenere, inoltre, l’attività didattica praticata in quel preciso momento priva di rischi. Essa, infatti, richiederebbe la massima diligenza da parte dell’insegnante al fine di evitare cadute e si sarebbe dovuta evitare o regolamentare diversamente, non avendo l’insegnante liberato l’accesso alla lavagna da presunti ostacoli, compresa una matita abbandonata per terra.

La Suprema Corte, preliminarmente, rileva l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse. I ricorrenti hanno omesso di censurare il capo della sentenza secondo il quale la domanda risarcitoria avrebbe dovuto essere rigettata anche perché non era stata raggiunta la prova in merito alla quantificazione dei danni.

Il ricorso viene dichiarato inammissibile.

Avv. Emanuela Foligno

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