Intervento di osteosintesi e comporto prolungato per il lavoratore (Cass. civ., sez. lav., 27 febbraio 2023, n. 5882).

Intervento di osteosintesi e ipotesi di comporto prolungato del lavoratore respinta.

E’ stato confermato come legittimo anche dalla Suprema Corte il licenziamento del lavoratore per superamento del periodo di comporto.

I Giudici di merito hanno escluso la possibilità per il lavoratore, assente per intervento di osteosintesi, di applicare il comporto prolungato previsto per casi particolari dal contratto collettivo nazionale di lavoro.

La Corte di Appello di Reggio Calabria, in sede di rinvio da parte da parte della Cassazione (sentenza n. 5212 del 2017), confermando la pronuncia di primo grado, ha dichiarato legittimo il licenziamento intimato nel gennaio 2009 per superamento del periodo di comporto.

La Corte territoriale, circoscrivendo il proprio accertamento al profilo demandato dalla Corte di Cassazione (concernente la eventuale sussunzione della fattispecie concreta nella previsione, di carattere eccezionale, di comporto prolungato pari a 30 mesi, e non a 18 mesi nell’arco di 42 mesi complessivi, dettato dall’art. 1 del C.C.N.L.), ha incaricato un Consulente medico legale per verificare se l’assenza dal lavoro determinata dall’intervento di osteosintesi poteva configurare il livello di gravità richiesto dalla clausola contrattuale e, sulla base della perizia che ha escluso che la patologia sofferta dal lavoratore  presentasse caratteristiche analoghe alle ipotesi esemplificative delineate dalle parti sociali (donazioni di organi, malattie oncologiche, sclerosi multipla, distrofia muscolare, morbo di Cooley, periodi di degenza ospedaliera determinati da trapianti), ha confermato la legittimità del licenziamento.

Il lavoratore propone ricorso in Cassazione. Con il primo motivo  deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 4, dell’Accordo 19.9.2005 sul trattamento di malattia per il personale dipendente , nonché degli artt. 1362,1362,1369 e 2110 c.c., avendo, la Corte territoriale, omesso di valutare l’intera declaratoria contrattuale che prevede, tra le ipotesi di comporto prolungato, anche quella di “altri interventi operatori e malattie debitamente certificate riconosciute ugualmente gravi dall’azienda“, tra le quali rientrava sicuramente l’operazione chirurgica subìta.  Con il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 394 c.p.c., 2697 c.c., 5 della L. n. 604 del 1966, avendo, la Corte territoriale, posto a suo carico la prova del superamento del periodo di comporto sulla base della sentenza rescindente della Suprema Corte, in particolare, tenendo fermo il computo delle assenze imputate, comprese quelle risultanti a titolo di cure termali, in relazione alle quali vi era stato disconoscimento – in primo grado – da parte dello stesso.

Le censure vengono considerate inammissibili.

La corte territoriale ha esaminato la fattispecie inquadrandola  nella previsione, di carattere eccezionale, di comporto prolungato, pari a trenta mesi, e non a diciotto mesi, nell’arco di quarantadue mesi complessivi,  previsto dal CCNL. In sostanza, i Giudici , sulla scorta della CTU Medico Legale hanno escluso che «la patologia sofferta dal lavoratore presentasse caratteristiche analoghe alle ipotesi esemplificative delineate dalle parti sociali, ossia donazioni di organi, malattie oncologiche, sclerosi multipla, distrofia muscolare, morbo di Cooley, periodi di degenza ospedaliera determinati da trapianti)» e hanno perciò «confermato la legittimità del licenziamento».

Secondo la Suprema Corte i Giudici di appello hanno correttamente applicato e interpretato il contratto collettivo del lavoratore.

Tale documento, oltre a prevedere nelle ipotesi di comporto prolungato “donazione di organi, malattie oncologiche, sclerosi multipla, distrofia muscolare, morbo di Cooley, periodi di degenza ospedaliera determinati da trapianti chirurgici, debitamente certificati”, prevede l’estensione del beneficio in parola ad “altri interventi operatori e malattie debitamente certificati e riconosciuti egualmente gravi dall’azienda”. Proprio per tale ragione il Giudice di Appello, per escludere ipotesi arbitrarie da parte del datore di lavoro, ha disposto Consulenza d’Ufficio Medico-Legale.

Ebbene. Il CTU  ha accertato la diversità degli esiti di intervento di osteosintesi, rispetto a quelle elencate in ambito contrattuale e, di conseguenza, ha escluso la sussistenza del diritto del lavoratore alla fruizione del comporto prolungato», sottolineano i giudici. Tirando le somme, la valutazione compiuta dal medico è sufficiente per ritenere legittimo il licenziamento deciso dall’azienda e poggiato sulla eccessivamente prolungata assenza per malattia del lavoratore.

Il ricorso del lavoratore viene integralmente respinto.

Avv. Emanuela Foligno

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