Frattura sottocapitata femore destro e tardiva diagnosi (Corte Appello Palermo, sez. II, 07/03/2023).

Tardiva diagnosi di frattura sottocapitata al femore destro.

La paziente agiva in giudizio per vedere riconosciuta la negligenza dei sanitari dell’Ospedale per mancata tempestiva diagnosi di frattura sottocapitata del femore destro conseguita a una caduta accidentale.

Il Tribunale di Agrigento riconosceva la responsabilità del Medico di PS e del Radiologo e condannava al pagamento dell’importo di euro 24.000,00.

L’Assicurazione interponeva appello e censurava il dedotto ritardo diagnostico e il concorso di colpa della stessa paziente nella misura del 50%.

Preliminarmente la Corte passa al vaglio la CTU svolta nel primo grado di giudizio, che accertava:

(i) una scarsa diligenza dell’addetto al pronto soccorso nella gestione della paziente e nella raccolta dei dati di anamnesi: “…….. Considerato, peraltro, il rischio osteoporotico nella popolazione in età senile come riportato in trattati, manuali e letteratura ortopedica, “anche in assenza o scarsa rilevanza di … sintomi (fratture ingranate), dovrà essere sistematicamente posto il sospetto di frattura del collo del femore quando un trauma dell’anca si sia verificato in pazienti di età presenile o senile.”, anche in caso di traumi a bassa energia», la negligenza del Medico di PS incauto nel non procedere ad una raccolta anamnestica più accurata, specie in ordine al meccanismo del trauma, all’età e al rischio di osteoporosi della sig.ra all’epoca settantunenne, appare ancor più rilevante: di fronte all’anziano vittima di un trauma dell’anca da caduta, la diagnosi non può, infatti, prescindere dall’indagine anamnestica”;

(ii) “una violazione delle regole proprie della radiologia medica da parte del Radiologo, atteso che l’unico accertamento strumentale eseguito presso il P.S.– la radiografia del bacino e del femore destro – non fu correttamente refertato, non essendo stata rilevata l’evidente frattura sottocapitata, parzialmente ingranata, del femore destro ……. L’immagine radiografica era, del resto, assai chiara , e sebbene le fratture ingranate siano più difficili da isolare durante le prime indagini diagnostiche, si è ben lungi dal ravvisare nel concreto un problema tecnico di speciale difficoltà (art. 2236 c.c.), tenuto conto che come riportato in trattati, manuali e letteratura ortopedica, “anche in assenza o scarsa rilevanza di … sintomi (fratture ingranate), dovrà essere sistematicamente posto il sospetto di frattura del collo del femore quando un trauma dell’anca si sia verificato in pazienti di età presenile o senile.”, anche in caso di traumi a bassa energia”.

Risulta, pertanto, accertato che a causa dell’imperita lettura della radiografia del bacino e del femore, e  dell’omessa acquisizione dei dati clinico-amnestici in sede di pronto soccorso, l’individuazione e il trattamento tempestivi della patologia occorsa alla paziente furono impediti, con la conseguenza che la stessa attendeva ulteriori dieci giorni prima di essere adeguatamente curata.

Per quanto concerne l’asserito comportamento colposo della stessa danneggiata la Corte sottolinea (basandosi sempre sulla CTU) che “nulla può essere addebitato, in merito al ritardo diagnostico, alla paziente che ha sempre seguito le prescrizioni dei sanitari che l’ebbero in cura”.

In effetti, la paziente aderiva alle prescrizioni dei sanitari convenuti che consigliavano, al perdurare della sintomatologia algica, una rivalutazione e un’indagine mirata, tant’è che al sesto giorno dalla visita radiologica, la donna decideva di rivolgersi al proprio Medico curante, che le prescriveva ulteriori approfondimenti radiografici.

Per quanto concerne, invece, la liquidazione del danno svolta dal primo Giudice, la Corte ritiene errata l’attribuzione del maggiore danno biologico correlata al ritardo diagnostico della frattura sottocapitata.

Il CTU aveva escluso di poter configurare “un maggior danno biologico derivante dal ritardo diagnostico, rispetto agli usuali postumi di frattura di collo femore trattata chirurgicamente con mezzi di sintesi ..(..)…, essendo risultata, la lesione fratturativa del collo del femore destro, conseguenza del trauma da caduta occorso alla paziente e non dell’errore medico, ed avendo esclusivamente comportato, l’intempestiva diagnosi della patologia addebitata ai medici, un ritardo nel suo necessario trattamento, e perciò un maggior periodo di inabilità temporanea totale di giorni dieci”.

Invece, il Tribunale, anziché limitare il risarcimento all’omessa intempestiva diagnosi, ovverosia (tenuto conto dell’esito fausto della malattia) all’inabilità assoluta inutilmente protrattasi per dieci giorni, ha erroneamente concluso per la sussistenza di un danno biologico permanente nella misura del 12% e per la liquidazione di un importo di € 6.000,00 a titolo di danno morale da reato (derivante da un supposto ed inesistente delitto di lesioni personali colpose).

Non sussiste alcun danno biologico permanente, ma solo le conseguenze di un intempestivo intervento e di un incauto trattamento della paziente, a causa del quale si verificava un prolungamento di dieci giorni di inabilità che viene liquidata dalla Corte attraverso i valori tabellari previsti dal codice delle assicurazioni private.

Avv. Emanuela Foligno

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