Agli infortuni sul lavoro avvenuti prima del 2019 si applica, ai fini della liquidazione, il criterio del calcolo del danno differenziale per voci distinte ed omogenee

Nel caso di infortuni sul lavoro avvenuti prima del gennaio 2019, dall’ammontare complessivo della rendita INAIL non può essere detratta la quota che indennizza il danno di tipo patrimoniale, poiché in questi casi non si applica la disciplina introdotta dalla legge di bilancio 2019, ma si segue il criterio del danno differenziale per voci distinte ed omogenee.

Così ha chiarito la Suprema Corte (Cass. Civ., sez. Lavoro, sentenza n. 13645 del 21 maggio 2019).

La Corte d’Appello di Ancona, confermando la decisione del Giudice del lavoro del Tribunale di Ascoli Piceno, dichiarava la responsabilità di una società per le lesioni riportate da un dipendente a seguito di un incidente, poiché non erano state predisposte adeguate protezioni e cautele preventive in materia di infortuni sul lavoro.

La Corte territoriale accertava, previa CTU, il grado di invalidità permanente nella misura del 30% e stabiliva il diritto del lavoratore a percepire anche il risarcimento per il danno biologico temporaneo e per quello morale soggettivo.

Il lavoratore propone ricorso in Cassazione sostenendo che debba escludersi che, ai fini del calcolo del danno differenziale, possano essere detratte le voci che sono estranee al danno biologico e che hanno una diversa natura funzionale.

Gli Ermellini ritengono fondate le ragioni del lavoratore.

Viene difatti evidenziato che il Giudice territoriale ha disatteso il criterio del calcolo del danno differenziale per voci distinte ed omogenee, applicando invece il calcolo per voci complessive.

Nello specifico, veniva quantificato il danno civilistico e poi detratto quanto liquidato al lavoratore dall’Inail, ivi comprese le somme erogate a titolo di indennità giornaliera da inabilità temporanea.

L’indirizzo in materia stabilisce che il danno differenziale di tipo quantitativo è “costituito dal surplus di risarcimento dei medesimi pregiudizi oggetto di tutela indennitaria INAIL e in presenza dei presupposti di esclusione dell’esonero del datore di lavoro”.

Tale danno differenziale, coerentemente alla struttura bipolare del danno-conseguenza, è determinato secondo un computo per poste omogenee, vale a dire che dalle singole componenti, patrimoniale e biologico, di danno civilistico spettante al lavoratore devono essere detratte distintamente le indennità erogate dall’INAIL per ciascuno de suddetti pregiudizi.

Alla luce di tale indirizzo il confronto tra risarcimento del danno civilistico e l’indennizzo erogato dall’INAIL deve essere effettuato secondo uno scomputo per poste omogenee, dovendosi prima distinguere tra danno patrimoniale e non.

Il danno patrimoniale, calcolato secondo criteri civilistici, deve essere comparato alla quota INAIL rapportata alla retribuzione e alla capacità lavorativa dell’assicurato.

Dal danno di tipo non patrimoniale occorre scomputare le voci escluse dalla copertura assicurativa (danno morale e biologico temporaneo) per poi, dall’ammontare complessivo del danno non patrimoniale ottenuto, detrarre non il valore capitale dell’intera rendita INAIL, ma solo la parte di essa destinata a ristorare il danno biologico.

Nel caso concreto, la Corte d’Appello -errando- ha sottratto, dal complesso delle voci riferite al danno biologico, l’intero importo erogato dall’INAIL, escludendo solo la somma riferita al danno morale e a quello biologico temporaneo.

Evidenziano inoltre i Supremi Giudici, che non può essere applicato l’art. 1, comma 1126, della L. 145/2018, entrata in vigore dal 1 gennaio 2019, che ha modificato gli artt. 10 e 11 del DPR  1124/1965.

In definitiva, la L. 145/2018 ha inciso sui criteri di calcolo del danno differenziale, stabilendo un criterio di scomputo per sommatoria, ovvero integrale, in luogo di quello per singole poste.

Ciò considerato, atteso che l’infortunio del lavoratore veniva denunciato prima dell’entrata in vigore della legge di bilancio, trova applicazione la vecchia formulazione dell’art. 10 D.P.R. n. 1124/1965.

Per tali motivi il ricorso viene accolto.

Avv. Emanuela Foligno

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