Trasferimento dei diritti all’INAIL in caso di infortunio mortale (Cass. civ., sez. III, 5 luglio 2022, n. 21223).

Trasferimento dei diritti del lavoratore all’assicuratore sociale in ipotesi di infortunio mortale sul lavoro.

Nella decisione a commento la Suprema Corte si esprime sul tema del trasferimento dei diritti dell’assicurato all’INAIL, alla luce dell’art. 1189  c.c. sul pagamento al creditore apparente.

Difatti, la surrogazione prevista dall’art. 1916, comma 1, c.c., non opera automaticamente, ma è subordinata ad una manifestazione di volontà dell’assicuratore dell’intenzione di surrogarsi all’assicurato.

La vicenda veniva giudicata in sede penale, ove, il datore di lavoro dell’infortunato deceduto corrispondeva ai congiunti la somma di euro 255mila con rinunzia degli stessi alla costituzione di parte civile.

Successivamente, gli stessi chiamavano a giudizio il datore di lavoro, il direttore del cantiere, il committente e la ditta appaltatrice per il risarcimento dei danni ulteriori derivanti dal sinistro mortale.

Nel giudizio interveniva l’INAIL per far valere il diritto di surroga ex art. 1916 c.c. onde ottenere la restituzione della somma versata a favore dei familiari.

Il Tribunale decideva per un concorso di colpa del 60% a carico della vittima e dichiarava satisfattiva la somma già percepita dai congiunti del lavoratore.

La decisione è stata impugnata e la Corte d’Appello di Brescia ha pronunciato due sentenze: con la prima, non definitiva, modificando quella del Tribunale, ha ritenuto che la responsabilità dell’infortunio fosse da porre nella misura del 20% a carico della vittima e dell’80 % a carico dei convenuti; con la seconda, definitiva, ha condannato al pagamento della somma di Euro 269.244 e ha condannato i medesimi a rivalere l’INAIL delle somme da questo versate a titolo di danno patrimoniale, per un totale di Euro 74.310, con il carico delle relative spese di lite.

L’INAIL ricorre in Cassazione osservando che la Corte d’appello ha liquidato per l’infortunio mortale il danno patrimoniale complessivo, a favore degli eredi della vittima, nella somma di Euro 255.587,19 che, detraendo la quota percentuale di responsabilità del 20%, si riduceva ad Euro 204.469. Tale importo è maggiore di quello poi riconosciuto alla parte ricorrente a titolo di surroga, posto che l’INAIL aveva versato una rendita ai superstiti pari ad Euro 378.274,82.

In caso di surrogazione, l’INAIL assume la titolarità della pretesa nei confronti dei responsabili civili, al fine di ottenere il rimborso tanto dei ratei già versati quanto del valore capitalizzato delle prestazioni future”, con conseguente divieto di cumulo. I familiari, cioè, pur conservando il diritto ad agire per il danno differenziale non coperto dalla prestazione assicurativa, perdono titolo all’azione risarcitoria “per la quota corrispondente all’indennizzo assicurativo riscosso o riconosciuto in loro favore”.

I responsabili dell’infortunio mortale, pur avendo versato già la somma di Euro 255.000 in favore dei superstiti, rimanevano comunque obbligati nei confronti dell’INAIL “al pagamento del maggiore importo di Euro 204.469, poiché la successione nel diritto di credito sul risarcimento del danno patrimoniale si era già verificata ope legis al momento del pagamento dell’indennizzo previdenziale, avvenuto in epoca precedente rispetto al raggiungimento dell’accordo transattivo”.

Ciò significa, secondo la parte ricorrente, che la Corte d’appello avrebbe dovuto imputare la somma suindicata di Euro 255.000, versata dai responsabili a titolo di acconto, “solo a ristoro del danno non patrimoniale, pregiudizio estraneo alla tutela sociale”, perché gli eredi “avevano perso la legittimazione attiva sul danno patrimoniale, già indennizzato dall’INAIL, che in precedenza era subentrato nel diritto di credito vantato dalle vittime”. In ogni caso, anche volendo ammettere la correttezza del ragionamento svolto dalla Corte d’appello circa l’imputazione dell’acconto di Euro 255.000 per la metà a risarcimento del danno patrimoniale e per l’altra metà del danno non patrimoniale, l’INAIL sostiene di essere creditore nei confronti dei responsabili civili “per l’intero importo liquidato in ambito civilistico per il danno patrimoniale da lucro cessante, versato nel 2005 ad un soggetto che aveva perso la legittimazione attiva a pretenderlo”.

In sintesi, la censura si fonda sull’argomento secondo il quale i responsabili dell’infortunio mortale, pagando il risarcimento agli eredi della vittima, avrebbero adempiuto l’obbligazione senza potersi considerare liberati.

Difatti, il pagamento in favore degli eredi sarebbe avvenuto dopo che essi avevano cominciato ad incassare la rendita riconosciuta dall’INAIL.

Tale premessa in diritto è corretta, ma tuttavia non giova all’INAIL ai fini dell’accoglimento del ricorso.

Le regole in materia di surrogazione dell’assicuratore e di titolarità del diritto che il ricorrente correttamente richiama, devono essere contemperate con la regola dell’art. 1189 c.c. in tema di pagamento al creditore apparente.

Può infatti convenirsi con il ricorrente nel senso che per il verificarsi del subingresso dell’istituto assicuratore basta la semplice comunicazione al terzo responsabile dell’ammissione del danneggiato all’assistenza prevista dalla legge, accompagnata dalla manifestazione della volontà di esercitare il diritto di surroga.

Non avendo INAIL provato di aver manifestato ai responsabili civili la circostanza di aver già pagato la rendita, circostanza non evincibile diversamente, secondo il parametro della buona fede, a mente dell’art. 1189 c.c. il debitore che esegue il pagamento a chi appare legittimato a ricevere in base a circostanze univoche è liberato se prova di essere stato in buona fede.

Pertanto, l’Istituto non può pretendere in surroga quanto già versato a titolo di rendita e non può attuare il trasferimento dei propri diritti.

Avv. Emanuela Foligno

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