La Cassazione si è pronunciata sul ricorso proposto da un ingegnere elettronico licenziato per giustificato motivo dalla società datrice di lavoro. Nella stessa sentenza sono anche stati forniti alcuni chiarimenti in ordine all’onere della prova in materia di repêchage

Era un ingegnere elettronico, specializzata in sistemi di misurazione nonché responsabile dell’ufficio “Compliance” di una società italo-giapponese, ma dopo qualche tempo le era stato notificato un provvedimento di licenziamento.

A nulla le era servito presentare opposizione al citato provvedimento perché in entrambi i giudizi di merito l’istanza veniva rigettata.

Ed in effetti, il provvedimento era legittimo stante il giustificato riassetto organizzativo della struttura aziendale, peraltro non contestato in giudizio.

Nel procedimento era anche emerso che a seguito del suo licenziamento, non vi erano state nuove assunzioni ed anzi, le vecchie mansioni era state esternalizzate o ridistribuite tra altri dipendenti.

Cosicché, con un articolato ricorso l’ingegnere elettronico presentava ricorso ai giudici della Cassazione, denunciando la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 e 5 L. n.604/66, per avere la sentenza impugnata considerato giustificato il suo licenziamento a fronte di una erronea ripartizione agli oneri di allegazione e di prova.

Ed in particolare, quest’ultima avrebbe presupposto a carico della dipendente un onere di indicare o addirittura di fornire la prova dell’esistenza di altre posizioni lavorative equivalenti ed utili in seno alla società ove la stessa avrebbe potuto trovare collocazione.

Il giudizio della Cassazione

In materia di giustificato motivo di licenziamento, i giudici della Cassazione hanno fatto espresso richiamo all’insegnamento giurisprudenziale secondo cui, ai fini della legittimità del licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, l’andamento economico negativo dell’azienda non costituisce un presupposto fattuale che il datore di lavoro deve necessariamente provare; ma è piuttosto sufficiente che le ragioni inerenti all’attività produttiva ed all’organizzazione del lavoro, comprese quelle dirette ad una migliore efficienza gestionale ovvero ad un incremento della redditività, determinino un effettivo mutamento dell’assetto organizzativo attraverso la soppressione di un’individuata posizione lavorativa.

È dunque in sostanza sufficiente, per la legittimità del recesso, che le addotte ragioni inerenti all’attività produttiva ed all’organizzazione del lavoro, comprese quelle dirette ad una migliore efficienza gestionale ovvero ad un incremento della redditività, causalmente determinino un effettivo mutamento dell’assetto organizzativo attraverso la soppressione di una individuata posizione lavorativa, non essendo la scelta imprenditoriale che abbia comportato la soppressione del posto di lavoro sindacabile nei suoi profili di congruità ed opportunità, in ossequio al disposto dell’art. 41 Cost..

L’obbligo di repêchage

Quanto all’assolvimento dell’obbligo di repêchage, certamente gravante sulla datrice di lavoro, come in sostanza chiaramente affermato dalla sentenza impugnata, la stessa Corte di Cassazione ha già in passato, (cfr. da ultimo Cass. n. 10435/18) osservato che, trattandosi di prova negativa, il datore di lavoro ha sostanzialmente l’onere di fornire la prova di fatti e circostanze esistenti di tipo indiziario o presuntivo idonei a persuadere il giudice della veridicità di quanto allegato circa l’impossibilità di una collocazione alternativa del lavoratore nel contesto aziendale.

Ed invero, nel caso in esame, la società aveva fornito adeguata ed esauriente argomentazione in ordine alla sussistenza di ragioni di carattere organizzativo e produttivo.

Peraltro, la corte di merito aveva avuto modo di accertare che per molti mesi dopo il licenziamento la società non aveva assunto altri dipendenti (…) pervenendo così, al convincimento del raggiungimento della prova dell’insussistenza di una diversa collocabilità della ricorrente in mansioni equivalenti.

Il ricorso della lavoratrice è stato perciò respinto e confermato il licenziamento in via definitiva.

La redazione giuridica

 

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