Per la sezione lombarda Corte dei Conti non spetta al medico dimostrare l’esistenza delle patologie che giustificano la prescrizione dei farmaci

La sentenza n. 64 dello scorso 12 aprile emessa dalla sede lombarda della Corte dei Conti stabilisce che, nei contenziosi tra Asl e medici generici per danno erariale, siano le prime a dover dimostrare tale danno producendo l’opportuna documentazione. La sentenza muove dalle contestazioni a un medico di famiglia milanese per prescrizioni avvenute tra il 2002 e il 2004 per una spesa totale pari a 12.725,75 euro. Al medico veniva contestata una condotta “particolarmente difforme rispetto alla generalità dei medici operanti nelle rispettive Asl di appartenenza” e una “sistematica e reiterata violazione della disciplina normativa e regolamentare in materia di prescrizione di farmaci”.

La difesa controbatteva che non erano stati specificati i criteri di determinazione dello scostamento e che il danno erariale era stato calcolato senza defalcare gli sconti a carico delle farmacie, i ticket a carico del cittadino, e il recupero dell’Iva. Inoltre, i legali del medico sottolineavano come il loro assistito non fosse stato informato delle verifiche della Guardia di Finanza, non potendo pertanto fornire alcun chiarimento, né tantomeno erano stati informati i pazienti, di cui mancava il consenso al trattamento dei dati personali. La difesa, infine, evidenziava come i numeri statistici non considerassero “l’epidemiologia del micro territorio e quella specifica del singolo medico“.

La Corte, nella sentenza già richiamata, ha assolto il medico perché “non spetta al medico convenuto provare che i pazienti soffrissero di patologie ex note Cuf 2, 5, 48 e 48 bis ma è l’attore (la Procura, ndr) a dover provare il contrario”.
 In sostanza andava provato, da parte della Asl, che le prescrizioni erano state effettuate fuori dei casi contemplati nella nota di riferimento, a fronte della dimostrazione della “mancanza di documenti comprovanti “l’esistenza delle patologie che avrebbero giustificato la prescrizione dei farmaci. Non è infatti obbligo del medico conservare copia di referti o prescrizioni di medici specialisti o quant’altro, né è significativa l’assenza di riscontro negli archivi Asl di esami o visite specialistiche non potendosi escludere che il paziente li abbia effettuati a proprie spese”.

L’avvocato Paola Ferrari, curatrice del sito www.legalcorner.it che ha pubblicato l’atto, spiega in un’intervista che “la sentenza si inserisce sulla falsariga di altre come la 9 del gennaio 2010 che affermano come il medico vada comunque messo in condizione di produrre una scelta terapeutica; a volte, il danno anche economico derivante al paziente, al Ssn e alla collettività da una mancata terapia, unito ai rischi legali per il medico che “ipo-prescrive” può essere superiore al danno erariale in questione. Inoltre le stesse note Cuf e Aifa sono passibili di cambiamenti che possono allargare i confini della prescrivibilità così come pure nel tempo il medico può uniformare i suoi comportamenti alla media dei colleghi per cambiamenti nella composizione dei suoi pazienti o delle loro condizioni. Simili sentenze – continua l’avv. Ferrari – hanno un riverbero anche sulla lettura di provvedimenti che limitano la prescrizione di test che invece potrebbero essere dirimenti per approdare a una corretta terapia. Il medico bene farà da una parte a non esimersi mai dal prescrivere, anche su ricetta bianca, un esame che ritiene opportuno, e dall’altra a tenere nota di tutti i percorsi diagnostici e terapeutici sulla scheda paziente informatizzata inserendo ove possibile i dati degli esami sostenuti fuori Ssn”.

“Mi meraviglia – conclude il legale – di aver sentito poche voci levarsi su un passaggio della circolare che modifica il decreto appropriatezza quando chiede al medico che trascrive un’indicazione specialistica di scrivere anche il nome del proponente dell’esame o il suo numero d’iscrizione all’Ordine, e attiva oltre a un controllo prescrittivo di fatto un controllo incrociato sull’attività del collega, la cui prestazione potrebbe non figurare da altre parti ad esempio nelle fatture spedite al Mef per la precompilazione del 730”.

 

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