I termini della polizza “a secondo rischio” stipulata da un medico coinvolto in un giudizio da un paziente (Cassazione Civile, sez. III, 28/03/2024, n.8523).

La vicenda

Il Gastroenterologo viene citato in giudizio, unitamente alla struttura sanitaria, da un paziente che in occasione dell’esecuzione di una colonscopia presso il suo reparto aveva subito la perforazione del colon. Al giudizio partecipa, oltre alla Faro assicurazioni (quale compagnia assicurativa della struttura sanitaria), anche la UnipolSai assicurazioni (assicuratrice del Medico). Il processo si concludeva con l’assoluzione del Medico da ogni responsabilità.

Successivamente, in separato giudizio, il Medico cita la propria compagnia assicurativa, chiedendone, ai sensi dell’art. 23 della polizza e dell’art.1917, comma 3, c.c., la condanna al rimborso delle spese sostenute per resistere all’azione del paziente (c.d. spese di resistenza.

Il Tribunale di Avellino rigetta la domanda, sul rilievo che la polizza stipulata dal Medico con UnipolSai desse luogo ad una copertura “a secondo rischio”, operativa soltanto nell’ipotesi in cui l’entità del danno esorbitasse dal massimale garantito dalla diversa polizza stipulata dalla struttura sanitaria con la compagnia Faro assicurazioni.

Anche la Corte di Appello di Napoli rigetta la domanda del Medico, sebbene con motivazione differente. Difatti, i Giudici di Appello motivano che l’ultima parte della clausola contenuta nell’art. 23 della polizza stipulata dal Medico con UnipolSai esclude l’obbligo dell’assicuratore di rimborsare le spese di resistenza sostenute dall’assicurato per legali non designati dalla compagnia assicurativa, nonché sull’ulteriore rilievo che tale patto (patto di gestione della lite) fosse perfettamente valido ed efficace, in quanto non incompatibile con la previsione dell’art. 1917, comma 3, c.c.

Il singolare ricorso in Cassazione del medico

Singolare, oltre che inammissibile e infondato, il ricorso in Cassazione del Medico che deduce “prova immaginaria e travisamento della prova”.

In sostanza, il Medico sostiene che la Corte di Appello avrebbe fondato la sua decisione sulla “prova immaginaria” che Unipol gli avrebbe offerto l’assistenza legale ed egli l’avrebbe rifiutata, scegliendo di nominare un proprio legale. Invece, dalla documentazione prodotta in giudizio risulta che egli aveva chiesto l’assistenza legale e l’assicurazione l’aveva rifiutata, sicché era stato costretto a costituirsi in giudizio con un proprio legale, posto che altrimenti sarebbe restato contumace ed avrebbe perso l’opportunità di difendersi nel processo contro l’azione del danneggiato, anche attraverso la chiamata in causa della sua compagnia assicurativa.

Gli Ermellini ritengono inammissibile le doglianze. I Giudici di Appello non hanno affermato che l’assicurazione aveva offerto assistenza legale e l’assicurato l’aveva rifiutata, ma hanno affermato che, all’esito delle denuncia del sinistro da parte dell’assicurato, la Unipol aveva spiegato al Medico che l’operatività della garanzia prestata era “a secondo rischio”, e postulava il totale esaurimento del massimale della garanzia principale (ovverosia la polizza stipulata dall’Ospedale che copriva anche il proprio personale), sicché egli avrebbe dovuto rivolgere la richiesta di essere garantito e di avere assistenza nella controversia all’assicuratore della struttura sanitaria.

Le argomentazioni della Corte di Appello sono corrette in quanto la compatibilità del patto di gestione della lite con la previsione dell’art. 1917, comma 3, c.c. è stata numerose volte affermata dalla corte di Cassazione.

Conseguentemente, la scelta dell’assicurato di non avvalersi del patto di gestione della lite giustifica il rifiuto del rimborso delle spese di resistenza posto in essere da Unipol assicurazioni.

Avv. Emanuela Foligno

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