E’ costituzionalmente illegittimo il divieto di applicare una diminuzione di pena al condannato plurirecidivo affetto da semi infermità mentale

Il divieto di prevalenza della semi infermità mentale sulla recidiva reiterata viola gli artt. 3 e 27 della Costituzione. Tale è la statuizione della Corte Costituzionale (sentenza n. 73 del 24 aprile 2020).

Il Tribunale di Reggio Calabria sollevava, in riferimento agli artt. 3, 27, primo e terzo comma, e 32 Cost., questioni di legittimità costituzionale dell’art. 69, comma 4, c.p., nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante del vizio parziale di mente, di cui all’art. 89 c.p., sulla circostanza aggravante della recidiva, di cui all’art. 99, comma 4, c.p.

Secondo il Giudice del merito, impedirebbe di determinare una pena proporzionata rispetto alla concreta gravità del reato, e pertanto adeguata al grado di responsabilità personale dell’autore, non consentendo di tenere conto, attraverso il riconoscimento della prevalenza dell’attenuante del vizio parziale di mente rispetto all’aggravante della recidiva reiterata, della minore possibilità di essere motivato dalle norme di divieto da parte di chi risulti affetto da patologie o disturbi della personalità che, seppur non escludendole del tutto, diminuiscano grandemente la sua capacità di intendere e di volere.

La Corte Costituzionale evidenzia che “l’applicazione della recidiva si giustifica in quanto il nuovo delitto, commesso da chi sia già stato condannato per precedenti delitti non colposi, sia in concreto espressivo non solo di una maggiore pericolosità criminale, ma anche di un maggior grado di colpevolezza, legato alla maggiore rimproverabilità della decisione di violare le legge penale nonostante l’ammonimento individuale scaturente dalle precedenti condanne (Cass. pen., Sez. Un., 5 ottobre 2010, n. 35738; Corte Cost., sent. n. 192 del 2007)”.

Nel caso oggetto di esame, tuttavia, l’imputato non poteva essere consapevole dell’ammonimento rappresentato dalle numerose condanne pronunciate nei suoi confronti, talune delle quali in epoca molto recente, per reati omogenei a quello per il quale ora rinviato a giudizio.

Ciò dimostrerebbe la peculiare e riprovevole insensibilità nei confronti della legge penale, e assieme giustificherebbe l’applicazione nei loro confronti dell’art 99, comma 4, c.p.

Nel caso di vizio parziale di mente è prevista la riduzione della pena fino ad 1/3, ma la legge ex Cirielli del 2005 vieta al Giudice di applicare detta norma nei confronti dell’imputato che, sebbene affetto da vizio parziale di mente, sia recidivo reiterato, avendo avuto almeno due condanne per delitti non colposi.

Tale divieto si pone in contrasto con il principio di proporzionalità della pena alla gravità oggettiva e soggettiva del reato e al grado di rimproverabilità dell’autore.

Se il fatto è commesso da persona affetta da vizio parziale di mente il grado di rimproverabilità è minore, a causa di una capacità di discernimento e di autocontrollo fortemente ridotta.

Ne consegue che debbano essere considerate illegittime le norme che impediscano al Giudice di diminuire la pena in maniera proporzionata alla minore responsabilità soggettiva dell’imputato.

Ciò non significa, specifica la Consulta, che le esigenze di tutela della società nei confronti di chi abbia violato più volte la legge penale siano sacrificate poichè il Magistrato ha la possibilità di disporre l’applicazione di una misura di sicurezza nei confronti del condannato una volta che costui abbia scontato la pena, in modo da contenere la sua pericolosità e dare un aiuto affinché possa curare la propria patologia e possa reinserirsi nel tessuto sociale.

La corte Costituzionale, pertanto, dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 69, comma 4, c.p., nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all’art. 89 c.p., sulla circostanza aggravante della recidiva di cui all’art. 99, comma 4, c.p.

Avv. Emanuela Foligno

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