L’art. 142 CdA stabilisce che qualora il danneggiato sia assistito da assicurazione sociale, l’ente gestore ha diritto di ottenere direttamente dall’Assicurazione il rimborso delle spese sostenute per le somme erogate al danneggiato (Tribunale di Terni, Sez. Lavoro, Sentenza n. 338/2021 del 16/09/2021-RG n. 640/2020)

La ricorrente, di professione OSS presso l’Azienda Ospedaliera cittadina, adisce il Giudice del Lavoro premettendo: che in data 18.11.2019 rimaneva vittima di un infortunio in itinere occorsole allorquando, alla guida della propria autovettura, veniva violentemente tamponata da un’autovettura che la sospingeva contro la vettura che la precedeva (tamponamento a catena); che l’urto di notevole intensità provocava ingenti danni all’autovettura della istante; di aver riportato quali lesioni “distrazione semplice del rachide cervicale, distrazione del margine superiore del trapezio dx”; che l’Inail riconosceva la natura di infortunio in itinere dell’evento con inabilità temporanea assoluta sino al 2.01.2020, senza tuttavia riscontrare postumi di invalidità permanente; di aver presentato ricorso in opposizione con esito negativo.

Il Giudice, sulla scorta della CTU Medico-Legale espletata, ritiene il ricorso fondato.

In materia di infortuni sul lavoro il DPR 30 giugno 1965 n. 1124 prevede che l’assicurazione obbligatoria comprenda tutti i casi di infortunio avvenuti per causa violenta in occasione del lavoro da cui sia derivata la morte o un’inabilità permanente al lavoro, assoluta o parziale, ovvero una inabilità temporanea assoluta che importi l’astensione dal lavoro per più di tre giorni (art. 2). In tal caso le prestazioni dell’assicurazione consistono o in una indennità giornaliera per l’inabilità temporanea o in una rendita per l’inabilità permanente (art. 66). Per gli infortuni sul lavoro verificatisi a decorrere dal 25 luglio 2000 la disciplina della rendita per l’inabilità permanente è stata modificata dal D. Lgs. 23 febbraio 2000 n. 38 il cui art. 13 ha disposto un indennizzo per il danno biologico purché riduca la capacità lavorativa dell’assicurato in misura pari o superiore al 6%; l’indennizzo è corrisposto dal giorno successivo a quello di cessazione dell’inabilità temporanea assoluta ed è rapportato al grado di inabilità accertato ed è erogato in capitale per le menomazioni inferiori al 16%, in rendita per le menomazioni pari o superiori al 16%; qualora la menomazione subita sia pari o superiore al 16% viene erogata una ulteriore quota di re ndita commisurata al grado della menomazione, alla retribuzione dell’assicurato e ad un coefficiente previsto nell’apposita tabella.

Ciò posto, la ricorrente ha contestato la valutazione effettuata dall’Inail dell’invalidità derivante dall’infortunio patito in data 18.11.2019 sostenendo di avere riportato postumi di invalidità permanente nella percentuale del 7%.

Il CTU ha accertato che dall’infortunio in itinere del 18.11.2019 subito dalla parte ricorrente sono residuati postumi permanenti consistenti in: “Esiti di trauma distorsivo cervicale con segni clinici e strumentali di radicolopatia cervicale inferiore, da sinistro stradale. Essendo interessata la colonna cervicale, in quanto oggetto di un trauma indiretto da accelerazione (variazione improvvisa dello stato di moto del segmento corporeo), ha particolare rilievo nel documentarne il danneggiamento l’esame strumentale (Rx colonna) che è stato condotto in sede di P.S., quindi poco dopo il sinistro. Tale indagine documentava una rettilineizzazione fino all’inversione della fisiologica curvatura del tratto cervicale, espressione scheletrica dell’instaurarsi di uno stato di contrattura dei mm paravertebrali. Anche le successive certificazioni specialistiche appaiono coerenti con quanto emerso in sede di P.S., con l’eccezione del riferimento alla spalla dxt”.

Riguardo il trauma alla spalla, difatti, il CTU ha “negato il nesso di causa con il trauma in discussione ” … in quanto il corretto uso delle cinture di sicurezza tutela il tronco e quindi anche la spalla dalla possibilità di lesioni, fatti salvi sinistri di entità devastante con collasso delle strutture rigide del veicolo, e non è questo il caso … Quindi si ritiene che la menomazione di spalla riscontrata dalla RM sia probabilmente preesistente al sinistro stradale e, tutt’al più, può essere stata la causa di un risentimento doloroso e funzionale registrato dallo specialista nelle sue certificazioni”.

“La percentuale di invalidità permanente rispetto alla menomazione riscontrata quale conseguenza dell’infortunio riconducibile alla voce tabellare n.199 del D.Lgs. n.38/2000: “esiti di distorsione del rachide cervicale con deficit funzionale apprezzabile su base antalgica, disturbi radicolari di natura trofico sensitiva, fino a 4% “viene stimata nella misura del 3% e complessivamente , tenuto conto del preesistente danno biologico pari a 10% coinvolgente sempre la colonna vertebrale (già riconosciuto in via amministrativa per pregresse invalidità), un danno biologico complessivo nella percentuale del 13%”.

Il Giudice condivide le conclusioni del Consulente, anche considerando che lo stesso ha puntualmente replicato alle osservazioni dei CTP sottolineando che “se la ricorrente avesse riportato almeno un trauma contusivo di spalla da urto dell’articolazione contro le strutture rigide dell’auto, qualche segno obiettivo avrebbe dovuto essere riportato in sede di PS ed invece nulla risulta”.

Conseguentemente, viene riconosciuto alla parte ricorrente un indennizzo erogato in capitale ai sensi dell’art. 13, comma 2° lett. ‘a’ del D. Lgs. n. 38 del 2000 in ragione di una percentuale di danno biologico pari al 13% dalla ripresa lavorativa al saldo.

Ciò posto, il Giudice esamina la richiesta formulata dall’Inail inerente la detrazione dall’indennizzo dovuto dall’Istituto alla ricorrente di quanto ricevuto a titolo di risarcimento dalla Compagnia assicuratrice del responsabile del sinistro stradale.

Ebbene, la ricorrente ha incamerato dalla Compagnia l’importo di euro 3.300,00 “a totale ristoro del danno subito”, con esclusione degli onorari legali e delle spese mediche sostenute, rimborsate separatamente.

Residua, quindi, il risarcimento del danno patrimoniale.

L’assicurato, rimasto vittima di un infortunio sul lavoro, nell’ipotesi di transazione conclusa direttamente (con effetto liberatorio) con il responsabile civile (o con la sua società assicuratrice) non può conseguire dall’Inail un ulteriore indennizzo dello stesso danno, già in parte o per intero risarcito, se non nei limiti dell’eventuale differenza fra quanto ricevuto dal responsabile (o dal suo assicuratore) e quanto ancora dovuto dall’istituto previdenziale” (Cass. n° 14941/12 e, in termini, Cass. n° 347/98).

Nell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, la rendita costituisce una prestazione economica a contenuto indennitario erogata in funzione di copertura del pregiudizio occorso al lavoratore in caso di infortunio in itinere, sicché essa, pur potendo presentare delle differenze nei valori monetari rispetto al danno civilistico, comunque soddisfa la medesima perdita al cui integrale ristoro mira la disciplina della responsabilità risarcitoria del terzo, autore del fatto illecito, al quale sia addebitabile l’infortunio patito dal lavoratore.

D’altra parte, l’art. 1916 c.c. dispone che l’assicuratore che ha pagato l’indennità è surrogato, fino alla concorrenza dell’ammontare di essa, nei diritti dell’assicurato verso il terzo danneggiante, così come l’art. 142 cod. assicurazioni stabilisce che, qualora il danneggiato sia assistito da assicurazione sociale, l’ente gestore di questa abbia diritto di ottenere direttamente dall’impresa di assicurazione il rimborso delle spese sostenute per le somme erogate al danneggiato.

L’elemento comune tra le due fattispecie è la successione nel credito risarcitorio dell’assicurato/danneggiato, la quale attribuisce all’ente gestore dell’assicurazione sociale che abbia indennizzato la vittima, la titolarità della pretesa nei confronti dei distinti soggetti obbligati, al fine di ottenere il rimborso tanto dei ratei già versati quanto del valore capitalizzato delle rendite future.

Orbene, il danneggiato non può cumulare, per lo stesso danno, la somma già riscossa a titolo di rendita assicurativa con l’intero importo del risarcimento del danno dovutogli dal terzo, e di conseguire così due volte la riparazione del medesimo pregiudizio subito, sicché le somme che il danneggiato si sia visto liquidare dall’Inail a titolo di rendita per l’inabilità permanente vanno detratte dall’ammontare dovuto, allo stesso titolo, dal responsabile del sinistro.

Diversamente, il danneggiato verrebbe a conseguire un importo maggiore di quello a cui ha diritto.

Pertanto, la somma corrisposta dall’Inail, e inerente il danno biologico, deve essere tenuta in considerazione.

Conseguentemente, per effetto del riconoscimento di postumi da infortunio in itinere del 18.11.2019 con percentuale di inabilità permanente del 3% e complessivamente del 13% (per effetto di cumulo con precedenti menomazioni no n oggetto di causa del 10%) l’Inail è tenuto a corrispondere alla ricorrente un indennizzo erogato in capitale ai sensi dell’art.13, lettera a), comma secondo, d. lgs. 23 febbraio 2000 n. 38 con decorrenza dalla ripresa lavorativa, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali come per legge dal dovuto al saldo.

Da tale somma dovrà essere decurtato l’importo di euro 3.300,00, corrispondente a quanto liquidato dalla Assicurazione, a titolo di risarcimento del danno patito per il medesimo evento per cui è causa.

L’accoglimento parziale della domanda attorea e la fondatezza dell’eccezione sollevata dall’Inail giustificano la compensazione delle spese di lite tra le parti.

Il Tribunale di Terni, conclusivamente, accerta e dichiara che la ricorrente presenta postumi da infortunio lavorativo in itinere avvenuto in data 18.11.2019, che hanno comportato una inabilità permanente al lavoro nella misura del 3% e, previo cumulo con pregressa invalidità permanente già riconosciuta in via amministrativa dall’Istituto nella misura del 10%, complessivamente del 13% con decorrenza dalla ripresa lavorativa; condanna l’Inail a corrispondere alla ricorrente un indennizzo erogato in capitale ai sensi dell’art.13, lettera a), comma secondo, d. lgs. 23 febbraio 2000 n. 38 per effetto della statuizione di cui al capo che precede previa decurtazione dall’importo corrispondente della somma di euro 3.300,00; compensa integralmente tra le parti le spese di lite e pone a carico dell’Istituto le spese di Consulenza Tecnica d’Ufficio.

Avv. Emanuela Foligno

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