Per la Cassazione, laddove il contratto di assicurazione sia stipulato in favore di terzi, il carattere autonomo del diritto acquistato dal beneficiario non esclude che i premi versati dall’indagato possano essere sottoposti a sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente

La Suprema Corte di Cassazione, III sezione penale, con la recente sentenza n. 11945 del 13 marzo 2017, ha chiarito che è legittimo il sequestro al presunto evasore fiscale della polizza vita stipulata, con il proprio denaro, in favore della moglie. Tale principio si fonda sulla rilevanza della facoltà di revoca da parte di chi corrisponde il premio.
Gli Ermellini, confermando un orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità, hanno dunque ribadito la validità del sequestro preventivo avente a oggetto una polizza sulla vita. Il divieto, previsto dall’articolo 1923 del codice civile, riguarda infatti esclusivamente la definizione della garanzia patrimoniale a fronte della responsabilità civile e non riguarda la disciplina della responsabilità penale, nel cui esclusivo ambito ricade invece il sequestro preventivo.
Nel processo penale il divieto di sequestro non potrebbe sussistere, trattandosi in quel caso della stessa misura prevista dal codice di rito civile posta a tutela della garanzia patrimoniale a fronte della responsabilità per obbligazioni di natura civilistica e la cui realizzazione coattiva è strutturata sul modello dell’espropriazione forzata.
Infine, per quanto concerne la legittimità del sequestro laddove il contratto di assicurazione sia stipulato in favore di terzi, richiamandosi all’articolo 1920 comma 3 del codice civile, secondo cui «per effetto della designazione il terzo acquista un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione», i Giudici di Piazza Cavour precisano che il carattere autonomo del diritto acquistato dal beneficiario, non esclude che i premi versati dall’indagato possano essere sottoposti a sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente.
Il denaro, infatti, anche a seguito del pagamento delle relative somme, non può, comunque, considerarsi come definitivamente uscito dal patrimonio del contraente, venendo accantonato in modo irreversibile ai fini del successivo pagamento al beneficiario, considerata la possibilità di revoca del beneficio, contemplata dall’articolo 1921 del codice civile.

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