A causa del malfunzionamento del macchinario la lavoratrice riportava la frattura con distacco della falange ungueale del primo raggio della mano sinistra (Tribunale di Lecce, Sez. Lavoro, Sentenza n. 1271/2021 del 12/04/2021-RG n. 4848/2016)

La lavoratrice cita a giudizio il datore di lavoro onde vedersi riconosciute le differenze retributive per l’attività di lavoro subordinato e gli esiti invalidanti derivanti dell’infortunio sul lavoro.

In particolare, deduce la lavoratrice di avere lavorato in qualità di addetta alla preparazione, al confezionamento e alla vendita dei prodotti da forno, percependo una retribuzione mensile di euro 600,00, poi incrementata di ulteriori euro 50,00.

Deduce altresì di avere subito, in data 9 febbraio 2015, un infortunio sul lavoro, consistito nella ” frattura con distacco della falange ungueale del primo raggio della mano sinistra”, dovuto al malfunzionamento della macchina formatrice dei filoncini di pane.

Chiede quindi il riconoscimento del rapporto di lavoro subordinato e le differenze retributive nella somma di euro 49.128,00 oltre al risarcimento del danno pari ad euro 29.780,45, di cui 14.780,45 a titolo di danno biologico da infortunio ed euro 15.000,00 quale ristoro del pregiudizio morale, esistenziale e di perdita di chances , subito.

Si costituisce in giudizio il datore di lavoro contestando le domande della lavoratrice e il contraddittorio viene anche integrato nei confronti dell’Inps che si costituisce eccependo la prescrizione dei crediti contributivi invocati dalla ricorrente.

Il Tribunale ritiene il ricorso parzialmente fondato.

Riguardo il riconoscimento dell’attività lavorativa il Giudice ritiene assolto l’onere probatorio della ricorrente che ha dimostrato la sottoposizione al potere datoriale dal momento genetico del rapporto di lavoro sino alla sua conclusione.

Invece, il datore di lavoro non ha allegato fatti impeditivi o estintivi del diritto altrui, ma è risultata ulteriormente dimostrata dalle deposizioni testimoniali la formulazione di direttive e di indicazioni organizzative generali.

Acclarato dunque il rapporto di subordinazione tra la ricorrente e la società convenuta, il Giudice passa al vaglio le valutazioni economiche e le differenze retributive invocate.

Al riguardo sottolinea che l’indirizzo di legittimità ha elaborato il principio, ormai granitico, secondo cui nel caso in cui sia dedotto l’inadempimento ovvero l’inesatto adempimento dell’obbligazione, al creditore-lavoratore è sufficiente dimostrare l’esistenza dell’obbligazione, e dunque il titolo su cui si basa la sua pretesa, gravando invece sul datore di lavoro, in applicazione del principio di vicinanza o di riferibilità della prova, l’onere di dimostrare il fatto estintivo del diritto azionato, ovvero l’avvenuto esatto adempimento ovvero l’impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa a lui non imputabile (art. 1218 c.c.).

La società convenuta non ha fornito la prova dell’esistenza di un accordo delle parti circa l’articolazione di un orario di lavoro parziale né è risultata, comunque, provata la minore durata giornaliera della prestazione lavorativa della ricorrente.

Riguardo le mansioni svolte dalla ricorrente, l’attività istruttoria ha evidenziato che la stessa era addetta al confezionamento e vendita nonché alla preparazione dei prodotti da forno.

Conseguentemente il Giudice riconduce le mansioni della ricorrente al livello B3 del CCNL (“Personale addetto a funzioni di vendita, distribuzione ed amministrazione. B3: Aiuto commesso, confezionatore”) e non invece nel superiore livello A3 (“Personale operaio addetto alla panificazione e ad altre attività comunque produttive e/o manifatturiere. A3: Operaio qualificato di II categoria”) invocato dalla ricorrente.

Conseguentemente sussiste il diritto alle somme spettanti a titolo di differenze sulla retribuzione ordinaria, 13° mensilità e TFR.

Riguardo la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale, per il danno biologico da “frattura con distacco della falange ungueale del primo raggio” pari ad euro 14.780,45 ed euro 5.000,00 per il pregiudizio morale, esistenziale e da perdita di chances lavorative future, il Giudice svolge alcune considerazioni.

La lavoratrice sostiene di avere subito il danno alla falange del dito della mano sinistra nel corso della preparazione del pane, e dunque nell’ambito dell’attività lavorativa, a seguito del malfunzionamento del gruppo formatrice di filoncini di pane.

Invece, la società datrice di lavoro convenuta sostiene che l’infortunio sia da attribuirsi ad un incidente domestico, nella fattispecie la chiusura del dito nello sportello della vettura.

Evidenzia il Giudice che non vi sono testimoni oculari dell’ipotetico incidente da schiacciamento con l’autovettura, e che i procedimenti penali instaurati sono ancora pendenti.

Al riguardo la Suprema Corte ha statuito che ” l’art. 2087 c.c., impone all’imprenditore, in ragione della sua posizione di garante dell’incolumità fisica del lavoratore, di adottare tutte le misure atte a salvaguardare chi presta la propria attività lavorativa alle sue dipendenze. Tali misure vanno distinte tra: 1) quelle tassativamente imposte dalla legge; 2) quelle generiche dettate dalla comune prudenza; 3) quelle ulteriori che in concreto si rendano necessarie. D’altro canto, ai fini dell’accertamento della responsabilità datoriale, incombe sul lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’uno e l’altro, mentre grava sul datore di lavoro – una volta che il lavoratore abbia provato le predette circostanze – l’onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ovvero di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi del danno medesimo. È evidente, quindi, che il mero fatto di lesioni riportate dal dipendente in occasione dello svolgimento dell’attività lavorativa non determini di per sé l’addebito delle conseguenze dannose al datore di lavoro, occorrendo la prova, tra l’altro, della nocività dell’ambiente di lavoro. Pur non configurando un’ipotesi di responsabilità oggettiva, la responsabilità dell’imprenditore ex art. 2087 c.c. non è, tuttavia, circoscritta alla violazione di regole d’esperienza o di regole tecniche preesistenti e collaudate, sanzionando anche, alla luce delle garanzie costituzionali del lavoratore, l’omessa predisposizione di tutte le misure e cautele atte a preservare l’integrità psicofisica dei lavoratore nel luogo di lavoro, tenuto conto della concreta realtà aziendale e de lla maggiore o minore possibilità di indagare sull’esistenza di fattori di rischio in un determinato momento storico. Va infine osservato che il datore di lavoro è responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, sia se ometta di adottare le idonee misure protettive, sia se non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente “.

Sulla scorta di tali principi, la lavoratrice non ha ottemperato al proprio onere probatorio, poiché non ha dimostrato che l’infortunio si sia verificato nell’ambiente di lavoro, nè che lo stesso sia avvenuto nell’espletamento dell’attività lavorativa.

Oltretutto le dichiarazioni testimoniali sul punto sono contrastanti e opposte e, dunque, non può considerarsi raggiunta la prova della responsabilità datoriale per il malfunzionamento del macchinario, con conseguente rigetto delle pretese risarcitorie inerenti il danno biologico.

Il ricorso della lavoratrice viene accolto solo con riferimento alle differenze retributive e al riconoscimento del rapporto di lavoro a tempo pieno e subordinato.

In conclusione, il Tribunale di Lecce, accoglie il ricorso limitatamente alle differenze retributive e condanna il datore di lavoro al pagamento della somma complessiva di euro 20.189,98, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali sulla sorte capitale di euro 19.383,64 a far data dal 01.01.2021 sino al soddisfo; condanna il datore di lavoro al pagamento delle spese di lite liquidate in euro 2.600,00 e al pagamento delle spese di CTU contabile.

Avv. Emanuela Foligno

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