Nessuna personalizzazione per i danni subiti da un minore vittima di incidente stradale: la Corte di Cassazione ha confermato i criteri adoperati dalla Corte d’Appello e respinto la doglianza dei genitori del ragazzo

La vicenda

I ricorrenti agirono in giudizio al fine di ottenere il risarcimento di tutti i danni patiti dal proprio figlio in occasione di un sinistro stradale provocato dal convenuto, il quale mentre era alla guida della sua autovettura a velocità sostenuta, nell’affrontare una curva sbandò finendo nella corsia opposta e investendo il ciclomotore condotto dal minore, che a causa dell’impatto riportò gravi lesioni.

In primo grado il Tribunale di Lucera dichiarò il conducente del veicolo responsabile nella misura dell’80%, attribuì, invece, al danneggiato il residuo 10% di colpa e respinse la domanda risarcitoria proposta in proprio dai genitori. La domanda fu, invece, accolta dalla Corte d’Appello di Bari, la quale ritenne che la possibilità di controllo del ciclomotore da parte del ragazzino e la sicurezza della circolazione fossero state compromesse dal fatto che a bordo vi fosse una seconda persona (presenza non consentita dall’art. 170 codice della strada) e che, rispetto a tale situazione, quest’ultimo avesse colpevolmente cooperato alla realizzazione dell’evento, accettando i rischi della circolazione.

La liquidazione del danno ai genitori

I giudici pugliesi ritennero inoltre, corretta la liquidazione complessiva del danno non patrimoniale, operata dal tribunale che, in applicazione delle tabelle milanesi, aveva tenuto conto anche del patito danno morale, (atteso che nella detta tabella l’unitario danno non patrimoniale era determinato sulla base del “vecchio” danno biologico con aumento del 25% per il “petitum doloris”); ed infine, ritennero provato, sia pure per presunzioni, il danno (sofferenza interiore e sconvolgimento dell’esistenza) subito in proprio dai genitori in conseguenza delle lesioni riportate dal figlio (con postumi permanenti del 25% e inabilità temporanea per 270 giorni), liquidandolo nella somma complessiva di 10.000, euro.

Contro la decisione della Corte d’Appello di Bari, i genitori del minore hanno proposto ricorso per cassazione lamentando, tra gli altri motivi, la mancata “personalizzazione” del danno subito dal loro figlio, posto che la gravità delle lesioni, la sua tenera età (12 anni) e la perdita dell’anno scolastico, avrebbero dovuto comportare il riconoscimento de maggior ristoro possibile per le sofferenze fisiche subite e per l’impossibilità di porre in essere le normali e basilari attività quotidiane per quasi due anni. Nella specie, i ricorrenti lamentavano il fatto che la corte territoriale non avesse valutato la doglianza concernente l’utilizzo dei coefficienti di capitalizzazione per il calcolo del danno patrimoniale futuro, sottovalutando in questo modo il detto pregiudizio.

Ma è proprio così?

La Suprema Corte (ordinanza n. 29724/2019) ha già chiarito che “nella liquidazione del danno non patrimoniale, in difetto di diverse previsioni normative, e salvo che ricorrano circostanze affatto peculiari, devono trovare applicazione i parametri tabellari elaborati presso il Tribunale di Milano successivamente all’esito delle pronunzie delle Sezioni Unit del 2008 (…); tuttavia il giudice, in presenza di specifiche circostanze di fatto, che valgono a superare le conseguenze ordinarie già previste e compensate nella liquidazione forfettaria assicurata dalle previsioni tabellari, può procedere alla personalizzazione del danno entro le percentuali massime di aumento previste nelle stesse tabelle, dando adeguatamente conto nella motivazione, della sussistenza di peculiari ragioni di apprezzamento meritevoli di tradursi in una differente (più ricca, e dunque, individualizzata) considerazione in termini monetari” (Cass. n. 11754/2018).

Siffatte “peculiari ragioni di personalizzazione” non erano state dedotte nel caso di specie, «non potendo considerarsi tali la percentuale di invalidità permanente ed il periodo di inabilità temporanea del minore conseguenti alle lesioni nè tanto meno la sua giovane età, già considerate nei valori di cui alle dette tabelle e quindi, prese in considerazione dal giudice di merito».

La decisione

Con riferimento poi, alla menzionata “sottovalutazione” del danno subito in proprio dai genitori, la censura è stata dichiarata inammissibile poiché si risolveva in una critica, di per sé non ammissibile in sede di legittimità, concernente la liquidazione equitativa del detto pregiudizio per come operata dalla corte di merito.

Per tutte queste ragioni il ricorso è stato rigettato.

La redazione giuridica

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