Il decesso sarebbe stato causato da una clip chirurgica apposta e lasciata sull’arteria che scorre in prossimità della renale, con la funzione di isolare la vascolarizzazione

Confidavano in un’archiviazione, anche alla luce del dettato delle nuova legge Gelli; invece, quattro medici in servizio nell’aprile 2016 presso l’Ospedale di Como sono stati rinviati a giudizio per il decesso di un ex Vigile del Fuoco di 67 anni, morto il giorno successivo a un intervento di nefrectomia laparoscopica per la rimozione di un tumore di 35 millimetri al rene sinistro.
La tragedia, secondo quanto emerso dall’esame autoptico, sarebbe stata determinata da un’ischemia provocata, a detta del consulente incaricato dalla Procura, da una clip chirurgica apposta sul tripode celiaco, arteria che scorre in prossimità della renale, con la funzione di isolare la vascolarizzazione.
Dopo l’intervento il paziente aveva manifestato segni di malessere che avevano indotto i medici a effettuare una seconda operazione, nel corso della quale la clip era stata rimossa, ma ciò non aveva evitato il tragico epilogo.
La Procura di Como aveva immediatamente aperto un fascicolo sul caso iscrivendo inizialmente nel registro degli indagati tutti i 33 medici che avevano avuto in cura il paziente. Le successive indagini avevano portato a circoscrivere l’ipotesi di responsabilità ai quattro camici bianchi che finiranno a processo.
Si tratta, in particolare, dei due primi chirurghi operatori e di due assistenti chirurgo presenti in sala operatoria; questi ultimi, secondo il Pubblico ministero, avrebbero dovuto monitorare la correttezza delle procedure adottate. Gli indagati, da parte loro, respingono ogni addebito e avrebbero già chiesto la possibilità di essere interrogati.
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