Accolta l’opposizione all’archiviazione dell’inchiesta che vede indagati due medici per il decesso di un uomo morto per un adecarcinoma gastrointestinale nel 2018

Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Perugia ha accolto l’opposizione all’archiviazione dell’inchiesta che vede indagati due chirurghi dell’ospedale del capoluogo umbro, accusati di omicidio colposo in relazione al decesso di un 46enne morto per un adecarcinoma gastrointestinale in stato avanzato.

Come ricostruisce il Corriere dell’Umbria l’uomo era stato operato nel marzo del 2018 per rimuovere il tumore. Un intervento che – secondo l’ipotesi accusatoria – non avrebbe dovuto essere eseguito, in quanto in base alle linee guida l’asportazione chirurgica dovrebbe essere praticata nei soli casi di neoplasie limitate agli strati superficiali mentre, nel caso in esame, sarebbe stato invece necessario prima ridurla ricorrendo alla chemioterapia per renderla asportabile con maggiori chanche di radicalità.

Il paziente era deceduto a distanza di sette mesi; un periodo nel corso del quale era stato sottoposto a un secondo intervento e aveva affrontato una lunga degenza in terapia intensiva.

Un anno dopo la tragica scomparsa – riferisce ancora il Corriere dell’Umbria – il sostituto procuratore titolare del fascicolo aveva avanzato richiesta di archiviazione non ravvisando profili di negligenza nel comportamento dei camici bianchi indagati ma la madre della vittima si era opposta.

Il Gip, nelle scorse ore, ha ritenuto di disporre nuove indagini sul caso, dando un termine di quattro mesi. “Alla luce delle osservazioni del consulente della difesa che non appaiono prive di fondamento, appare necessario – sottolinea il magistrato – un approfondimento tecnico delle questioni sollevate, al fine di chiarire se siano individuabili nell’operato dei sanitari, condotte caratterizzate da imprudenza, omissioni, disattenzioni o errori, e, se si, se tali condotte abbiano avuto rilevanza causale nel caso in esame, determinando con alta probabilità logica una significativa riduzione della sopravvivenza del paziente (posto che appare pacifico che la grave forma tumorale non fosse curabile) o quantomeno, un ingiustificato e grave incremento delle sue sofferenze nel periodo di sopravvivenza”.

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