Omessa somministrazione di eparina e trombosi polmonare provocata dalla stasi del paziente (Cassazione Civile, sez. III, 14/03/2022, n.8114).

Omessa somministrazione di eparina, indispensabile per impedire il decesso del paziente verificatosi a causa di una trombosi polmonare, indicata come conseguente alla stasi imposta per la frattura al bacino.

La Corte d’Appello di Palermo, quale Giudice civile in sede di rinvio, a seguito di annullamento in sede penale di legittimità, ha rigettato la domanda proposta dai familiari del paziente per la condanna dell’Azienda Ospedaliera e dei Sanitari, al risarcimento dei danni conseguenti alla responsabilità per avere trascurato l’approfondimento diagnostico delle condizioni defunto, presentatosi al reparto di pronto soccorso dell’azienda ospedaliera a seguito di un sinistro stradale nel quale era stato precedentemente coinvolto, così omettendo di avvedersi della frattura alle ossa del bacino e per aver colpevolmente omesso di adottare gli opportuni presidi terapeutici di carattere farmacologico (segnatamente la omessa somministrazione di eparina) indispensabili al fine di impedire il decesso verificatosi a causa di una trombosi polmonare, indicata come conseguente alla stasi imposta a carico del paziente in ragione della rilevata frattura ossea.

La Corte territoriale ha evidenziato come, sulla base degli elementi istruttori acquisiti in sede penale, fosse emersa la totale incolpevolezza dei sanitari coinvolti, essendo risultato come nessuna evidenza probatoria avesse manifestato in modo inequivocabile (e comunque ragionevolmente rilevabile da un professionista del livello dei sanitari convenuti in giudizio) l’esistenza della frattura al bacino, né essendo emersa con certezza alcuna prova del nesso di causalità tra le omissioni contestate ai sanitari e il decesso del paziente.

La decisione viene impugnata in Cassazione dove viene contestata la mancata attribuzione di responsabilità della Struttura e dei Sanitari e la errata interpretazione del nesso causale.

Secondo i ricorrenti, gli estremi documentali acquisiti e gli esiti delle CTU eseguite in sede penale attestavano la diagnosticabilità della frattura ossea all’epoca della presentazione al pronto soccorso, nonché l’esistenza di un preciso nesso di causalità (valutabile secondo il tradizionale parametro civilistico della preponderanza dell’evidenza) tra le omissioni in cui era colpevolmente incorso il Sanitario e la trombosi, incorsa per omessa somministrazione di eparina, che ebbe a condurre al decesso.

Gli Ermellini ritengono la doglianza infondata, in quanto il Giudice d’appello ha approfonditamente passato al vaglio il comportamento del Medico Radiologo, ed ha motivato l’esclusione di responsabilità in maniera logica, congrua e corretta.

In particolare, sono stati con chiarezza evidenziati gli elementi di prova acquisiti in relazione alla frattura ossea al bacino, evidenziando come gli strumenti di valutazione rilevanti, ai fini della diagnosticabilità di tale frattura ossea, fossero sostanzialmente muti, rispetto all’impegno di un professionista del livello pari a quello del convenuto, con la conseguente insussistenza di alcun residuo di rimproverabilità colposa a suo carico.

Gli esami radiografici non evidenziarono frattura nella zona del bacino tale da suggerire l’opportunità dell’esecuzione di esami più approfonditi.

Con il secondo motivo, i ricorrenti censurano la omessa somministrazione di eparina, indispensabile al fine di cautelare le prevedibili conseguenze connesse alla condizione di stasi del paziente, nonché l’esistenza di un preciso nesso di causalità tra tutte le omissioni in cui erano colpevolmente incorsi i Sanitari e la trombosi che ebbe a condurre al decesso.

Il motivo è fondato.

La omessa somministrazione di eparina, è un punto critico non adeguatamente esplorato nella sentenza impugnata, e segnatamente la questione concernente l’accertamento dei profili di rilevanza colposa della condotta omissiva degli altri Sanitari, con esclusione del Radiologo.

Il profilo della omessa somministrazione di eparina,  ossia l’effettiva sussistenza di elementi obiettivi di valutazione che avrebbero certamente reso esigibile il riconoscimento della necessità di adottare tale presidio farmacologico terapeutico in considerazione della stasi cui il paziente era stato costretto dal sinistro stradale, indipendentemente dal fatto che detta stasi fosse stata imposta dalla frattura ossea o da altra causa, non è stata adeguatamente valutata.

Al di là della circostanza concernente l’obiettiva diagnosticabilità della frattura ossea del bacino, la valutazione clinica dei sanitari (diversi dal radiologo) che ebbero a disposizione gli elementi costitutivi del quadro clinico, all’atto della presentazione presso il pronto soccorso, avrebbe dovuto comprendere la prospettiva, concretamente verosimile, di una persistente condizione di stasi del paziente per un tempo ragionevolmente significativo, in considerazione della rilevante e significativa sintomatologia dolorosa dallo stesso riportata.

Ergo, la prevedibile formazione di una trombo-embolia polmonare dovuta alla prolungata immobilità alla quale il paziente fu costretto a seguito del trauma subito, avrebbe necessariamente dovuto indurre i sanitari del pronto soccorso, indipendentemente dall’esistenza della frattura del bacino e della sua mancata evidenziazione, ad assumere le necessarie contromisure terapeutiche (e, in primo luogo, a provvedere alla somministrazione dell’eparina), essendo chiaro come l’immobilizzazione di un paziente costituisca un importante fattore di rischio per trombosi venosa profonda, e ciò a prescindere da un trauma, essendo tutti i pazienti allettati soggetti a un concreto rischio di trombosi.

Sul punto, il Giudice d’Appello, dopo aver correttamente riconosciuto come un’eventuale somministrazione di eparina avrebbe probabilmente evitato la formazione del trombo e il conseguente decesso, ha tuttavia aggiunto, richiamando sul punto le dichiarazioni rese dal Consulente del PM, come la terapia somministrazione di eparina fosse idonea a proteggere il paziente traumatizzato da una trombosi venosa profonda solo nel 68/70% dei casi, non potendo escludersi una certa percentuale di casi che, nonostante il trattamento con terapia eparinica, si concludono ugualmente con la morte del paziente.

Quindi, è stata tratta la conclusione dell’inesistenza di un prospettabile nesso di causalità materiale tra l’omessa somministrazione di eparina, imputabile ai medici convenuti, e il decesso del paziente, attesa la mancata dimostrazione, in chiave probatoria, che un eventuale comportamento terapeutico corretto dei medici (ricostruito in termini controfattuali) avrebbe evitato, in termini causali, la verificazione dell’evento letale così come in concreto manifestatosi.

Ebbene, in tema di responsabilità civile, la verifica del nesso causale tra la condotta omissiva e il fatto dannoso si sostanzia nell’accertamento della probabilità (positiva o negativa) del conseguimento del risultato idoneo ad evitare il rischio specifico di danno, riconosciuta alla condotta omessa, da compiersi mediante un giudizio controfattuale, che pone al posto dell’omissione il comportamento dovuto.

Nel caso di specie, la Corte territoriale avrebbe dovuto orientare il giudizio sull’efficacia rappresentativa degli elementi probatori acquisiti nella prospettiva della preponderanza dell’evidenza, ossia della maggior probabilità (in termini logici o baconiani) del successo terapeutico della somministrazione di eparina rispetto all’esito contrario.

Una verifica che, già sul piano astratto, l’avvenuto riconoscimento dell’idoneità della terapia eparinica a proteggere il paziente traumatizzato da una trombosi venosa profonda nel 68/70% dei casi, avrebbe consentito di avviare a un giudizio affermativo (circa la positiva sussistenza del nesso di causalità), una volta (eventualmente) escluso il decorso o l’incidenza di serie causali alternative.

Conclusivamente, la Corte di Cassazione, accoglie il secondo motivo e rinvia alla Corte d’Appello di Palermo, in diversa composizione.

Avv. Emanuela Foligno

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