Omissione di diagnosi e inadeguata strumentazione diagnostica (Cassazione civile, sez. III, 22/09/2023, n.27105).

Malfunzionamento degli strumenti , omissione di tempestiva diagnosi e cure è quanto viene contestato dai familiari della vittima che ricorrono, con una unica doglianza, per la cassazione della decisione della Corte di Appello di Bari.

Veniva convenuta in giudizio l’Azienda Ospedaliera per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito del decesso del congiunto, ricoverato dopo un infortunio sul lavoro, allegando l’omissione di diagnosi tempestiva e cura, da parte del personale medico, e il malfunzionamento della strumentazione diagnostica. Il Tribunale rigettava la domanda, con pronuncia confermata dalla Corte di Appello.

Secondo i Giudici di merito, come emergente anche dall’istruttoria del correlato procedimento penale concluso con archiviazione, non era risultato un ritardo nelle cure seguenti ai due accessi al Pronto Soccorso del paziente, e, al contempo, l’impossibilità di eseguire l’esame angiografico in loco, sebbene avesse dilazionato di almeno un’ora la sua esecuzione presso diversa struttura,  non aveva diminuito alcuna concreta chance perché le gravi condizioni della vittima, palesatesi in modo imprevedibile al secondo accesso presso l’ospedale convenuto, non avrebbero comunque consentito un utile intervento precoce rispetto a quello poi effettuato senza esito fausto nel diverso ospedale dov’era stato trasferito il paziente, sicché mancava la dimostrazione del nesso causale, prima che dello stesso inadempimento.

Con l’unica censura si deduce che la Corte di Appello avrebbe omesso di esaminare la distanza percorsa, dopo il malore, per accedere la seconda volta al Pronto Soccorso dell’ospedale, in ragione della quale avrebbe dovuto concludersi per un orario di arrivo precedente a quello ritenuto e, dunque, in coerenza con le risultanze testimoniali valutate invece erroneamente inattendibili, per un ritardo negli accertamenti tanto più ingiustificato dopo la prima dimissione dello stesso giorno, e decisivo nel caso di emorragia subaracnoidea quale quella che aveva infine portato alla morte il paziente.

La censura è inammissibile considerata la doppia conforme di merito; ad ogni modo, i ricorrenti non hanno dimostrato che le ragioni di fatto poste a base delle due decisioni di merito sono state diverse.

La censura si basa sull’assunto del mancato esame della distanza tra il Pronto Soccorso e il luogo dove la vittima si sentì male mentre si stava recando dal medico di famiglia per la prescrizione dei farmaci di terapia antitetanica, disposta dai sanitari dell’ospedale in occasione del primo accesso. Secondo la tesi dei ricorrenti, il tempo di percorrenza della suddetta distanza sarebbe stato così breve da dover concludere per un secondo accesso al Pronto Soccorso, precedente rispetto a quanto affermato nella sentenza impugnata, e dunque tale da doversi inferire un rilevante ritardo nelle cure conseguenti.

Tuttavia, tale tesi non viene dimostrata. Cioè a dire : non è stato dimostrato quando e come, la specifica circostanza sarebbe stata allegata nelle fasi di merito, con conseguente ulteriore inammissibilità per novità in Cassazione. Al di fuori di questo, comunque, la finalità della censura è evidentemente quella di una complessiva rivalutazione degli accertamenti di fatto svolti dai Giudici di merito che sono preclusi nel giudizio di Cassazione.

La Corte di Appello, ha evidenziato che le condizioni cliniche del paziente nel momento della diagnosi, in sede di secondo accesso all’Ospedale, erano già così gravi, da rendere inutile un intervento neurochirurgico precoce di chiusura dell’emorragia già estesa, per poi aggravarsi ancora alle ore 20.30, dopo l’arrivo in Pronto Soccorso collocabile tra le ore 18.30 e le ore 19,00 con stato di coma divenuto profondo e accompagnato da crisi decerebrate spontanee, per recidiva emorragica, che costituisce gravissima complicanza possibile ma non prevedibile dell’aneurisma, dal che la correlata condizione infausta irreversibile.

La tesi sostenuta dai congiunti della vittima mirava a spostare in anticipo, come detto, il secondo arrivo in ospedale, per sostenere una diversa negligenza, o una diversa pregnanza dei tempi di successivo esame angiografico.

La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Avv. Emanuela Foligno

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