Operazioni di scavo in cantiere e infortunio del lavoratore (Cassazione civile, sez. lav., dep. 10/01/2023, n.375).

Operazioni di scavo provocano smottamento del terreno e infortunio mortale del lavoratore.

La Corte di Appello di Campobasso confermava quella di prime cure che accoglieva il regresso proposto dall’INAIL  nei confronti del datore di lavoro e dei responsabili civili dell’infortunio letale occorso il 5.5.97 al lavoratore avvenuto durante le operazioni di scavo che provocavano lo smottamento delle pareti .

In relazione all’evento, l’INAIL corrispondeva le prestazioni previdenziali nei confronti della vedova del lavoratore.

Il Tribunale affermava la responsabilità del Comune quale committente dei lavori, dei due direttori dei lavori del Comune, del titolare della ditta appaltatrice dei lavori (e subappaltante), del responsabile di cantiere della ditta e del subappaltatore e datore di lavoro dell’infortunato, condannandoli in solido a corrispondere all’INAIL la somma di euro 676.277,00.

La corte d’Appello ha affermato: la responsabilità del Comune appaltante in relazione all’ingerenza nei lavori manifestata attraverso i direttori dei lavori dallo stesso nominati; la responsabilità dei direttori dei lavori in quanto gli stessi avevano fatto il progetto, erano presenti in cantiere ed avevano dato disposizioni in ordine all’esecuzione dei lavori e delle operazioni di scavo e avevano verificato la regolarità dei lavori anche per la sicurezza, dando indicazioni in merito allo scavo e ai fini di sicurezza del cantiere e la responsabilità datore di lavoro nonché subappaltatore ed esecutore dei lavori.

Il Comune ricorre in Cassazione.

Con il primo motivo il Comune, si lamenta della responsabilità attribuitagli  in violazione degli artt. 32 e 51 del capitolato speciale dell’appalto (che escludeva da responsabilità il Comune), per avere la Corte territoriale applicato automaticamente il D.Lgs. n. 81 del 2008, ex art. 26 per la responsabilità del committente, senza verificarne in concreto l’incidenza della condotta nell’infortunio mortale.

La Suprema Corte ribadisce che la responsabilità dell’appaltatore non solo non esclude quella del committente, ma anzi quest’ultima è configurabile quando vi sia stata in concreto assunzione di una posizione di garanzia e comunque, qualora il lavoratore presti la propria attività in esecuzione di un contratto d’appalto, non viene meno se non per i soli rischi specifici delle attività proprie dell’appaltatore o del prestatore d’opera (Sez. 4 penale, Sentenza n. 12348 del 29/01/2008 Ud., dep. 20/03/2008, Rv. 239252 – 01).

Difatti, il committente, anche in caso di subappalto, è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l’infortunio, sia per la scelta dell’impresa, sia in caso di omesso controllo dell’adozione, da parte dell’appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, specie nel caso in cui la mancata adozione o l’inadeguatezza delle misure precauzionali sia immediatamente percepibile senza particolari indagini.

Il committente, in caso di affidamento di lavori all’interno dell’azienda, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità e la salute dei lavoratori, ancorché dipendenti dall’impresa appaltatrice, consistenti nell’informazione adeguata dei singoli lavoratori e non solo dell’appaltatrice, nella predisposizione di tutte le misure necessarie al raggiungimento dello scopo, nella cooperazione con l’appaltatrice per l’attuazione degli strumenti di protezione e prevenzione dei rischi connessi sia al luogo di lavoro sia all’attività appaltata, tanto più se caratterizzata dall’uso di macchinari pericolosi.

Ed ancora, qualora il lavoratore non abbia provveduto all’adozione di tutte le misure di prevenzione rese necessarie dalle condizioni concrete di svolgimento del lavoro, non essendo né imprevedibile né anomala una dimenticanza dei lavoratori nell’adozione di tutte le cautele necessarie, con conseguente esclusione, in tale ipotesi, del cd. rischio elettivo, non è esclusa la responsabilità del committente.

La decisione impugnata ha in concreto accertato che il Comune non si era limitato ad un mero controllo della rispondenza dei lavori appaltati al capitolato, ma aveva dettato disposizioni specifiche sui lavori e sulla sicurezza, ingerendosi non solo nella determinazione dello svolgimento dei lavori, ma anche in materia di sicurezza, con specifiche disposizioni circa l’esecuzione delle operazioni di scavo, la sua larghezza e profondità.

Aggiunge, infine, la Suprema Corte che, in tema di appalto e una responsabilità del committente nei riguardi dei terzi, risulta configurabile la responsabilità allorquando si dimostri che il fatto lesivo sia stato commesso dall’appaltatore in esecuzione di un ordine impartitogli dal direttore dei lavori, o da altro rappresentante del committente stesso o quando si versi nella ipotesi di culpa in eligendo, la quale ricorre qualora il compimento dell’opera o del servizio siano stati affidati ad un’impresa appaltatrice priva della capacità e dei mezzi tecnici indispensabili per eseguire la prestazione oggetto del contratto senza che si determinino situazioni di pericolo per i terzi.

Tali principi valgono anche in materia di subappalto perché il subcommittente risponde nei confronti dei terzi in luogo del subappaltatore, quando abbia esercitato una concreta ingerenza sull’attività del subappaltatore al punto da ridurlo al ruolo di mero esecutore, ovvero agendo in modo tale da comprimerne parzialmente l’autonomia organizzativa, incidendo anche sull’utilizzazione dei relativi mezzi.

Nel caso analizzato, la responsabilità dell’appaltatore non trovava limite né in quella del committente, né in quella del subappaltatore, cumulandosi invece le relative responsabilità in relazione alla posizione di garanzia assunta congiuntamente da tutti i soggetti della catena produttiva.

Il ricorso viene integralmente rigettato.

Avv. Emanuela Foligno

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