Il lavoratore subisce gravissimo infortunio nel corso delle operazioni di smontaggio della gru (Cassazione civile, sez. III, 24/11/2023, n.32769).

Durante le operazioni di smontaggio della gru il lavoratore precipita e finisce prima in stato vegetativo e successivamente muore.

I congiunti del deceduto intraprendevano azione civile dinanzi al Tribunale di Como onde ottenere il risarcimento del danno per lesione del rapporto parentale a causa della morte, del lavoratore.

Esponevano che la gru era stata installata in un cantiere edile dalla società D.P. e, dopo che era stata ivi utilizzata per il tempo necessario ai lavori di ristrutturazione, ne era stato appaltato lo smontaggio ad altra società. Alle attività di smontaggio aveva partecipato anche il lavoratore deceduto,  il quale, il giorno 8 ottobre 2009, mentre eseguiva lo svuotamento di un cassone-zavorra della gru contenente sabbia, precipitava da un’altezza di circa tre metri, riportando gravissime lesioni cui, dopo un periodo di stato vegetativo permanente, seguiva il decesso.

Nel suddetto giudizio interveniva l’INAIL per la condanna dei convenuti, ai sensi degli artt. 1916 c.c., 10 e 11 D.P.R. n. 1124 del 1965, alla restituzione delle prestazioni erogate in favore del lavoratore finché in vita e, successivamente, ai suoi familiari).  Il Tribunale, accertava la responsabilità sia del proprietario della gru, sia degli installatori, sia degli smontatori, e li condannava in solido a pagare agli attori, a titolo di risarcimento del danno, la somma di Euro 985.000,00; condannava  inoltre i convenuti, sempre in solido tra loro, a pagare all’INAIL la somma richiesta di Euro 525.056,00, pari all’importo delle prestazioni erogate alla vittima dell’infortunio e ai suoi familiari.

La Corte di Appello di Milano confermava integralmente le statuizioni del Tribunale di Como. L’assicurazione propone ricorso per Cassazione.

Con i primi cinque motivi viene denunciata violazione o falsa applicazione di legge con riferimento all’eccezione di prescrizione ex art. 2952 c.c. del diritto all’indennizzo di cui alla polizza assicurativa, e in generale la inoperatività della polizza assicurativa.

Tutte le doglianze vengono dichiarate infondate e inammissibili.

Con il sesto motivo viene denunciata violazione o falsa applicazione di legge con riferimento all’accertamento del diritto di surroga esercitato dall’INAIL. La sentenza d’appello è censurata per aver riconosciuto il diritto di surrogazione dell’INAIL in assenza di prova circa la sussistenza e l’esatto ammontare del danno civilistico patito dai danneggiati beneficiari delle prestazioni indennitarie in conseguenza dell’infortunio occorso al lavoratore. L’assicurazione sostiene che la surroga azionata dall’INAIL può ammettersi nei soli limiti del danno civilistico effettivamente provato, sostiene che, nella fattispecie, questa prova non fosse stata fornita dall’istituto, a ciò onerato, e critica la sentenza impugnata per aver reputato sufficiente, a tal fine, la certificazione da esso prodotta.

La ce4nsura è inammissibile in quanto finalizzata ad una valutazione delle risultanze istruttorie diversa da quella svolta dai Giudici di merito.

Viene unicamente contestato il giudizio formulato dalla Corte d’appello circa l’avvenuta assoluzione dell’ onere probatorio da parte dell’INAIL, omettendo di considerare che tale giudizio è riservato al Giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi.

Conclusivamente, il ricorso viene integralmente rigettato.

Avv. Emanuela Foligno

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