Una recinzione costruita con 10 paletti di ferro per evitare la sosta selvaggia e il deposito di immondizia. Il Comune chiede l’ordine di demolizione e la vicenda finisce davanti al Tar Campania

Nel 2014 la Polizia Municipale di un comune campano aveva contestato la realizzazione su di un’area condominiale di “10 paletti di ferro aventi dimensione di un 1,00 mt di altezza circa e di cm. 10 x 10, posizionati a delimitare un’area condominiale”; a ciò aveva fatto seguito l’adozione, da parte del predetto Comune, di un ordine di demolizione.
Contro tale provvedimento agiva in giudizio il condominio, chiedendone l’annullamento sulla base di un unico articolato motivo di ricorso.
L’ordine di demolizione sarebbe stato privo di adeguata istruttoria, in quanto il Comune non avrebbe verificato preliminarmente, l’esigua consistenza delle opere realizzate, che avrebbero avuto come unico scopo quello di limitare la sosta selvaggia ed il deposito dell’immondizia senza regole.
Per la realizzazione di quei paletti non sarebbe stata perciò, necessaria alcuna abilitazione edilizia, non comportando gli stessi alcuna modificazione del territorio e neppure vi sarebbe stata violazione del vincolo ambientale, come erroneamente sostenuto dal comune, nel provvedimento impugnato.

La pronuncia del Tar Campania

I giudici amministrativi della Regione Campania, all’esito del giudizio di primo grado, hanno accolto il ricorso per le ragioni che seguono.
Era chiaro, in primo luogo che l’intervento (di recinzione) effettuato dal condominio non rientrasse tra le attività libere, indicate tra l’altro in modo tassativo dall’art. 6 del t. u. n. 380 del 2001, in deroga al generale obbligo di munirsi di un titolo abilitativo per eseguire interventi edilizi.
Tuttavia aveva colto nel segno la censura mossa dal ricorrente secondo il quale nel caso in esame, non era in discussione un’ipotesi di trasformazione edilizio –urbanistica, o di alterazione permanente dell’assetto del territorio, o di nuova costruzione, tale da esigere il previo rilascio del permesso di costruire, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 10 del d.P.R. n. 380 del 2001; ma che si trattava di interventi subordinati a segnalazione certificata di inizio attività di cui all’art. 22 del d.P.R. n. 380/2001.

Recinzioni condominiali: è necessario il permesso di costruire?

Sulla questione, intuitivamente affine, dell’assoggettamento, o meno, delle recinzioni, a permesso di costruire, la giurisprudenza amministrativa di merito, ha da tempo sposato il principio per cui, la valutazione sulla necessità, o meno, del permesso di costruire, va compiuta in base ai parametri della natura e delle dimensioni delle opere, e della loro destinazione e funzione, sicché quando, ad esempio, vengono eseguite opere in muratura e la recinzione non è facilmente rimuovibile, l’intervento, essendo idoneo a incidere in modo permanente sull’assetto edilizio del territorio, esige il previo rilascio del permesso di costruire, ma a tal fine occorre avere riguardo a tutte le opere realizzate nel loro complesso.
Peraltro, in un precedente arresto gli stessi giudici campani avevano affermato che “la posa di (sei) paletti infissi nel suolo, destinati a sorreggere una recinzione di rete metallica senza opere murarie, costituisse un manufatto di limitato impatto urbanistico e visivo, essenzialmente destinato al solo scopo di delimitare la proprietà per separarla dalle altre, per cui l’intervento non richiedeva il rilascio di un permesso di costruire, fatta salva ovviamente l’osservanza dei vincoli paesaggistici”.

Una recinzione rimuovibile

Nel caso in esame, non era stata eseguita alcuna opera muraria significativa. I paletti apposti, uniti al suolo mediante un basamento di calcestruzzo assai sottile, risultavano distanziati tra loro in modo tale da consentire un facile accesso pedonale all’area ed effettivamente sembravano svolgere una funzione, non contestata dal Comune, di dissuasori della sosta e dell’abbandono dei rifiuti.
Si trattava in altre parole, di semplice opera finalizzata a delimitare la proprietà del condominio ricorrente (non era neppure una recinzione vera e propria, essendo l’area “tuttora liberamente accessibile a tutti, salvo che alle autovetture”), rimovibile in maniera tutt’altro che disagevole e, come tale, inidonea a incidere sull’assetto edilizio del territorio.
Non ha avuto dubbi, allora il Tribunale adito per affermare che, alla luce delle caratteristiche e delle dimensioni della recinzione contestata, essa rientrasse nel campo di applicazione dell’art. 22 del d.P.R. n. 380/2001, cioè, tra quelli realizzabili con il regime semplificato della d.i.a., la cui mancanza non è sanzionabile con la rimozione o la demolizione, previste dall’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 per l’esecuzione di interventi in assenza del permesso di costruire, o in totale difformità del medesimo ovvero con variazioni essenziali, ma con l’applicazione della mera sanzione pecuniaria prevista dal successivo art. 37 per l’esecuzione di interventi, in assenza della prescritta denuncia di inizio di attività.
Perciò, il ricorso è stato accolto e l’ordinanza impugnata conseguentemente annullata.

La redazione giuridica

 
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