Il Comune e i proprietari dell’edificio non potevano esercitare, rispetto a quei manufatti, un autonomo controllo fisico e materiale proprio del custode (Corte di Appello di Reggio Calabria, Sentenza n. 540/2021 del 17/09/2021-RG n. 354/2013)

Viene appellata la sentenza del Tribunale di Reggio Calabria n. 140/2013 pubblicata il 28 gennaio 2013. La danneggiata chiamava a giudizio l’Impresa Edile, la Ditta appaltatrice e il Comune di Reggio Calabria, onde ottenere la condanna in solido – o in ragione delle rispettive responsabilità – al risarcimento dei danni subiti a seguito ed in conseguenza del sinistro occorsole in data 22.5.2004, alle ore 12,15 circa, allorquando, mentre percorreva a piedi la Via del Torrione, giunta all’altezza del civico n. 46/A, cadeva a terra dopo essere inciampata su una trave sporgente dal ponteggio allestito sul marciapiede.

L’attrice deduceva di avere riportato, in seguito alla caduta, lesioni con postumi permanenti, complessivamente quantificati nella somma di euro 12.839,36.

Il Tribunale di Reggio Calabria rigettava la domanda dell’attrice nei confronti del Comune e dell’ImpresaEdile e accoglieva quella nei confronti dell’Appaltatrice, accertato che l’infortunio per cui è causa si è verificato per responsabilità nella misura del 50% ciascuno.

In particolare il Tribunale, ricondotta la fattispecie all’art. 2051 c.c., rilevava che, agli esiti delle prove testimoniali, l’attrice aveva fornito la prova di essere caduta a causa di una trave sporgente dal ponteggio di un’area di cantiere posta in una posizione tale da determinare la lamentata caduta ed i lamentati danni.

Inoltre il Tribunale, rilevava dalla documentazione agli atti che la parte dell’immobile interessata dai lavori di ristrutturazione era stata consegnata all’appaltatore, che aveva provveduto ad installarvi i ponteggi in metallo, usando anche assi di legno, escludeva la responsabilità dei proprietari dell’immobile ed escludeva la responsabilità del Comune di Reggio Calabria, che non poteva essere chiamato a rispondere ex art. 2051 c.c. trattandosi di area (il marciapiede su cui poggiava l’impalcatura) sottratta alla sua custodia.

La corresponsabilità al 50% della danneggiata veniva decisa sulla scorta della accertata visibilità dell’area, nonché la chiara percepibilità dell’eventuale pericolo.

La donna propone appello lamentando l’errore del Tribunale nell’avere escluso la responsabilità solidale dei convenuti; l’errore nell’avere ritenuto la corresponsabilità dell’attrice nella causazione del danno; l’errore nell’avere condannato l’attrice al pagamento delle spese in favore di alcuni convenuti.

La corte ritiene l’appello principale parzialmente fondato.

Dalla prova testimoniale espletata nel primo grado è emerso che la mattina del 22.05.2004 la sig.ra inciampava in un asse di legno della sezione di circa cm. 5 e lungo circa mezzo metro, sporgente, all’altezza della caviglia, dal ponteggio -pur recintato da una rete di chiusura – installato sul marciapiede dall’impresa appaltatrice dei lavori per il rifacimento della facciata dell’edificio.

La disciplina di cui all’art. 2051 c.c. rappresenta un’ipotesi di responsabilità oggettiva riferita alle cose in custodia, per cui il soggetto custode è tenuto al risarcimento nell’eventualità in cui la cosa arrechi un danno ad un soggetto, anche se in capo allo stesso custode non sia ravvisabile una condotta imputabile a titolo di colpa (o di dolo).

Pacifica la titolarità e la custodia dell’impalcatura in capo alla ditta appaltatrice dei lavori, risulta provato il nesso di causalità tra l’evento dannoso ed il bene nella custodia della stessa.

Il custode, per escludere la sua responsabilità, deve provare il caso fortuito o, comunque, la causa esterna idonea ad interrompere il nesso causale e che presenti i requisiti dell’autonomia, dell’eccezionalità, dell’imprevedibilità e dell’inevitabilità.

Riguardo ai proprietari dell’edificio, affinchè si possa configurare una loro responsabilità ex art. 2051 c.c. -in qualità di committenti dei lavori- è necessario che sussista in relazione a tale impalcatura un rapporto di custodia: cioè i proprietari del predetto edificio devono non solo avere la disponibilità dell’impalcatura, ma anche esercitare un potere di controllo sulla stessa.

Ebbene i proprietari dell’edificio, non erano custodi delle impalcature e dei ponteggi montati ed allestiti dall’appaltatore cui avevano affidato l’esecuzione dei lavori di rifacimento della facciata, non potendo rispetto a quei manufatti esercitare autonomamente, sul piano materiale e fisico, alcun atto o intervento volto ad incidere sulla loro conformazione; neanche potendosi prospettare a carico degli stessi una culpa in eligendo o una culpa in vigilando, non sussistendo in atti alcuna prova in proposito.

Analogo ragionamento per la posizione del Comune di Reggio Calabria.

Il Comune, non poteva esercitare, rispetto a quei manufatti, un autonomo controllo fisico e materiale proprio del custode.

Ergo, la Corte si allinea alla decisione del primo Giudice e ritiene la Ditta appaltatrice unica responsabile ai sensi dell’art. 2051 c.c.

Ciò pacifico, il sinistro è avvento in orario diurno, in piena visibilità, e l’impalcatura che occupava il marciapiede era ben visibile con la sua recinzione di delimitazione che impediva il passaggio e obbligava il pedone a scendere dal marciapiede.

Ciò determina, come correttamente rilevato dal primo Giudice, la sussistenza in capo alla danneggiata di un concorso colposo al danno, in misura di 2/3 rispetto a quanto deciso in prime cure.

Conclusivamente la danneggiata ha diritto al ristoro dei danni nella misura di 2/3 da parte dell’Impresa appaltatrice, e la decisione sul punto viene riformata con accoglimento parziale dell’appello.

§§

A parere di chi scrive, l’esonero di responsabilità in capo ai committenti dell’appalto (proprietari dell’immobile oggetto dei lavori edili), non pare corretto poiché, oltre a non essere adeguatamente motivato, non pare conforme agli orientamenti giurisprudenziali degli ultimi anni.

La Corte di Cassazione, con la sentenza 11 novembre 2020 – 17 marzo 2021 n. 7553 ha fatto il punto sulla responsabilità del committente e dell’appaltatore in caso di danni a terzi.

Gli Ermellini hanno affermato che il committente è sempre gravato della responsabilità oggettiva ex art. 2051 c.c. nei confronti dei terzi che subiscano dei danni a seguito dell’esecuzione del contratto di appalto.

Il ragionamento seguito prevede che il committente resta custode del bene e non si libera della sua posizione di garanzia con la conclusione del contratto di appalto.

In tal modo, infatti, si eluderebbe la funzione della disciplina della responsabilità per i danni causati dalle cose. Ai sensi dell’art. 2051 c.c., difatti, il custode non risponde dei danni a terzi solo se sussiste il caso fortuito.

Secondo altra pregressa pronuncia di legittimità (Cass. 23442/2018), la permanenza della qualità di custode comporta l’onere, per il committente, di dimostrare che l’attività dell’appaltatore integri un caso fortuito, vale a dire non sia prevedibile o evitabile. In base a tale lettura interpretativa “l’appalto non esclude affatto la custodia, ma è, al contrario, un modo di esercizio di quest’ultima”.

Ad ultimo è stato pronunziato il seguente principio di diritto:

“nei confronti dei terzi danneggiati dall’esecuzione di opere, effettuate in forza di contratto di appalto, il committente è sempre gravato della responsabilità oggettiva di cui all’art. 2051 c.c., la quale non può venir meno per la consegna dell’immobile all’appaltatore ai fini dell’esecuzione delle opere stesse, bensì trova limite esclusivamente nel caso fortuito; il che naturalmente non esclude ulteriori responsabilità ex art. 2043 c.c. del committente e/o dell’appaltatore».

Anche una recentissima Ordinanza di legittimità (n. 16609/2021) ha dichiarato che il committente è responsabile per il danno cagionato a terzi nell’esecuzione di un contratto d’appalto.

In particolare, si legge nell’ordinanza che “la conclusione di un appalto di opere non comporti in alcun modo la perdita della custodia da parte del committente, non essendo in alcun modo sostenibile che la ‘consegna’ dell’immobile, affinché vi siano eseguiti i lavori, equivalga a un corrispondente ‘trasferimento’ del ruolo di custode verso i terzi, poiché una simile evenienza finirebbe coll’integrare una sorta di esonero contrattuale da responsabilità nei confronti di chi del negozio non è parte”.

Avv. Emanuela Foligno

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