Pressioni sull’addome della paziente (Tribunale Crotone, Sentenza n. 316/2023 pubblicata il 02/05/2023).

Lesioni del feto causate da pressioni sull’addome della partoriente.

La coppia cita a giudizio l’Azienda Sanitaria esponendo:

– che, nel corso di una gravidanza ad andamento fisiologico, in data 30.9.2017 la donna si era recata presso l’Ospedale di Crotone per perdite ematiche dai genitali ed era stata ricoverata;

– che alle ore 20,30-21,00 veniva eseguita iniezione di ossitocina e verso le 00,00-00,30 le ostetriche invitavano la donna a spingere per facilitare il parto, cosa che era stata ripetuta anche dal Medico di guardia dopo circa mezz’ora;

– che poiché il feto non progrediva nel canale del parto, il Medico esercitava due forti spinte sull’addome della donna, tanto da non farla respirare;

– che era sopraggiunto un altro Medico, che alla richiesta della donna di praticare il parto cesareo aveva risposto che non era possibile in quanto si vedevano già i capelli della bambina;

– che entrambi i Medici e l’ostetrica continuarono ad esercitare forti pressioni sull’addome, fino all’espulsione della bambina, per la quale fu utilizzato il vacuum extractor e fu praticata l’episiotomia;

-che la bambina nasceva con la testa allungata, la frattura della clavicola e la lesione dei nervi del braccio sinistro;

-che la donna manifestò subito dopo una pre-lipotimia e due giorni dopo le fu effettuata una revisione uterina per emorragia inarrestabile dei residui ovulari.

-la bambina aveva subito un’iponotrofia diffusa dell’arto superiore sinistro, dovuta alla paralisi, con vistoso accorciamento, grave danno estetico, inesistente pressione della mano per difetto di supinazione, assente intrarotazione ed extrarotazione.           

Dalla CTU è emerso che la donna al momento del ricovero “presentava dilatazione di 1 cm del collo uterino. La stima del peso fetale corrispondeva a 3.100 g. e alle ore 8,30 del 30/09/2017 sarebbero stati iniziati i controlli cardiotocografici. Alle 20,30 le fu applicata in infusione ossitocina ed alle ore 24.00 entrò in sala parto dove il medico di guardia avrebbe esercitato delle spinte sul fondo dell’addome per favorire l’espulsione del feto, visto che la partoriente non riusciva a spingere autonomamente. Il Dott. Crea si fece aiutare dall’ostetrica nelle spinte sull’addome, mentre il secondo Medico effettuava l’episiotomia, il primo avrebbe utilizzato il vacuum exstractor per favorire l’espulsione del feto….(….)…Subito dopo il parto la puerpera avrebbe manifestato una prelipotimia. In sala parto le venne effettuata una prima emotrasfusione ripetuta poi in Reparto. Due giorni dopo il parto, fu deciso di effettuare una revisione della cavità uterina dopo ecografia pelvica , per emorragia inarrestabile da residui ovulari.”

Ed ancora “Un travaglio a basso rischio con una gestante obesa non poteva certo considerarsi una gravidanza fisiologica. Poichè l’obesità è un importante fattore di rischio proprio per la distocia di spalle, come poi è avvenuto. Non è stata fatta diagnosi di presentazione di spalla (in cartella non viene riportato il dato dell’impegno della parte presentata) diagnosi che avrebbe controindicato l’applicazione del vacuum extractor. Aggiungiamo la descrizione nel partogramma di due giri di funicolo attorno al piede della piccola ( giri che avrebbero controindicato l’applicazione della ventosa). Infatti l’applicazione della ventosa ha determinato inoltre lo stiramento del plesso brachiale, quando si determinò l’arresto della progressione del feto nel canale del parto, determinato dalla distocia di spalla (Tra le controindicazioni al POV -parto operativo vaginale- mediante ventosa vi è la: parte presentata non impegnata e non di vertice). La responsabilità dei sanitari consiste nel non aver diagnosticato una distocia di spalla alta ed aver effettuato manovre assolutamente controindicate come la manovra di Kristeller con l’intento di far progredire il feto nel canale del parto”.

Oltre a ciò, il Giudice evidenzia che i Medici convenuti non segnalavano, né sospettavano, la frattura della clavicola della bambina, poichè non risulta evidenziato in cartella clinica il sospetto di frattura ossea e il sospetto danno al plesso brachiale.

I CTU hanno concluso che “il nesso di causalità appare soddisfatto tra la causa e l’evento. I ginecologi non si sono attenuti alle linee guida del parto operativo con vacuum extractor. La gravida ha subito l’anemizzazione con trasfusioni di quattro sacche di sangue per ritenzione di materiale ovulare in utero senza formazione di globo vescicale che tamponasse l’emorragia……..(..).. “                     

Il C.T.P. dell’ASP ha contestato la ricostruzione sulla responsabilità dei Ginecologi, argomentando che il rischio clinico, al momento dei controlli pre parto, era considerato basso, ed il feto era in buone condizioni. Ha riferito che la condizione della distocia della spalla non era prevedibile e, una volta accertata, sarebbe stata trattata nel modo corretto (arresto delle spinte, pressione sovrapubica e manovra di McRoberts) mentre non sarebbe stata compiuta la manovra di Kristeller, diversamente da quanto sostenuto dai Consulenti d’Ufficio.  Sempre secondo i CTP della Struttura, la condizione della distocia della spalla non può essere prevista prima della presentazione del feto all’uscita del canale del parto.

Nella risposta alle controdeduzioni i CTU precisano che la diagnosi di travaglio a basso rischio presente nella cartella clinica non risulta corretta, in presenza di una paziente obesa, considerato che l’obesità è un importante fattore di rischio proprio per la distocia della spalla del neonato. Precisano, inoltre, che rileggendo la cartella clinica e il partogramma, si evidenziano numerosi elementi di censura per l’operato dei sanitari dell’Ospedale di Crotone che se fossero stati rilevati in tempo avrebbero evitato il ricorso al parto operativo con il vacuum extractor, in quanto controindicati. Dagli esami eseguiti presso lo studio del Ginecologo di fiducia, emergeva che il feto si era presentato dapprima podalico e successivamente cefalico, il che esponeva il feto a rischi di giri di funicolo intorno al collo ed al corpo, come in effetti poi è avvenuto.

In sostanza, si trattava di una circostanza prevedibile effettuando una corretta diagnosi ex ante.

Conclusivamente il danno permanente della bambina viene stimato dai CTU nella misura del 7%, in quanto dopo l’operazione del maggio 2021 per un esito di un atteggiamento in flessione sinistra del collo, non residuano deficit vascolo nervosi riferiti.

Il Giudice condivide l’operato dei CTU e ritiene provato il nesso di causalità tra le condotte dei Ginecologi della struttura e il danno lamentato.

Invece, viene respinta la domanda inerente il danno da riduzione della capacità lavorativa generica della bambina, in assenza di riscontrati deficit nervosi permanenti.

Sul punto il Giudice sottolinea che la lesione della capacità lavorativa generica rientra nel danno non patrimoniale, perché insita nel danno biologico. Oltre a ciò, attesa la giovane età della danneggiata, non è possibile dimostrarne le inclinazioni e le potenzialità, neppure come ipotesi di perdita di chance.

Sulla scorta di tale ragionamento, viene riconosciuta la personalizzazione del danno biologico nella misura del 30%.

Infine, venendo al danno alla vita di relazione lamentato dai genitori della bambina per l’assistenza che dovranno fornire alla figlia per tutta la vita, sia sotto il profilo morale che sotto quello patrimoniale, risulta dimostrato che nei primi anni di vita della bambina gli stessi hanno sostenuto notevoli sacrifici in termini di dedizione alle necessità della figlia per sottoporla alle cure necessarie; di talchè in via equitativa viene liquidato l’importo di euro 20.000,00 complessivi a titolo di risarcimento del danno subito, in via indiretta, a causa della condotta dei sanitari dell’Ospedale di Crotone.

Avv. Emanuela Foligno

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