Protesi alla spalla causa forti dolori e dismorfismo (Tribunale Alessandria, n. 637/2022 pubbl. il 13/07/2022).

Protesi alla spalla e peggioramento delle condizioni del paziente per insorgenza di infezione.

Il paziente, deduce che dopo l’intervento di protesi alla spalla,  per i forti dolori e dismorfismo dei lembi della ferita chirurgica veniva sottoposto ad un secondo intervento di rimozione della protesi e bonifica dall’infezione; dopo alcuni mesi aveva dovuto subire un terzo intervento per reimpianto protesico.  

A causa della complicanza che seguiva all’intervento alla spalla, oltre a dover subire altri ricoveri, cure e interventi e conseguenti periodi di invalidità temporanea, il paziente aveva riportato un’alterazione dell’architettura dell’articolazione della spalla per lesioni capsulari, legamentose e anche parzialmente nervose, oltre alla perdita vera e propria di sostanza muscolare con conseguente invalidità permanente.  

La CTU ha accertato che “ immediatamente dopo l’esecuzione dell’intervento di protesi alla spalla il paziente riportava febbre che, invece di risolversi, il giorno seguente aumentava; vi fu anche abbondante drenaggio dalla ferita chirurgica; nonostante ciò il giorno successivo veniva dimesso con prognosi di giorni trenta e prescrizione di antibiotico per via orale e uso di tutore. Evidentemente la prescrizione di terapia antibiotica era indicativa quanto meno, di un sospetto di infezione, della ferita. …..  Se i sanitari che ebbero in cura il paziente nell’immediato post intervento alla spalla avessero adeguatamente valutato tutti i sintomi ciò avrebbe molto probabilmente consentito di impostare tutte quelle misure volte alla risoluzione dell’infezione e al salvataggio della protesi impiantata, come debridment, raccolta di materiale per eseguire un esame colturale, e il contestuale inizio di terapia antibiotica per via endovenosa.”

Ed ancora “ si può affermare che la condizione eziopatogenica di infezione, come accertata nel caso in esame, è proprio legata a condizioni di mancato rispetto dell’asepsi in circostanza operatoria: ne è seguito inquinamento del campo operatorio, per contatto da ricercarsi nel passaggio di inquinante batterico da cute del paziente non disinfettata in modo corretto e congruo, oppure per passaggio da operatore a paziente, oppure da materiale che, ancorché correttamente sterilizzato, sia stato a sua volta inquinato per contatto”.

Inoltre, i CTU  hanno evidenziato un’innegabile imprudenza ed imperizia proprio in capo al Medico che pur di fronte a sintomi abbastanza eloquenti, e in ogni caso nell’evidente sospetto di un’infezione tanto da prescrivere comunque un antibiotico per via orale, dimetteva il paziente senza programmare alcun controllo nei giorni successivi.  

Pertanto, la responsabilità viene ripartita tra entrambi i soggetti responsabili nella misura del 50% ciascuno. Infatti se non si fosse verificata l’infezione, l’intervento di protesi sarebbe pienamente riuscito, ma allo stesso modo si sarebbe potuto evitare l’espianto e il reimpianto della protesi se l’infezione fosse stata tempestivamente trattata.

Il Tribunale liquida al paziente l’importo complessivo di euro 11.576,47.

Avv. Emanuela Foligno

Sei vittima di errore medico o infezione ospedaliera? Hai subito un grave danno fisico o la perdita di un familiare? Clicca qui

Leggi anche:

Infezione da Stafilococco post sutura chirurgica.

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui