La domanda amministrativa è stata presentata a dicembre 2018, purtuttavia la prestazione di invalidità civile è stata liquidata solo a giugno del 2021 dopo la notifica del ricorso introduttivo (Tribunale di Velletri, Sez. lavoro, Sentenza n. 1752/2021 del 09/12/2021 RG n. 579/2021)

ll ricorrente conviene in giudizio l’Inps e ne chiede la condanna al pagamento dei ratei maturati e maturandi della prestazione di invalidità civile prevista dall’art. 12 L. 118/1971, oltre interesse legali, con decorrenza dal mese di gennaio 2016.

Riferisce che, in data 11.04.2005, veniva riconosciuto invalido civile al 100% dalla competente Commissione medica della USL RM/H, purtuttavia, fino a gennaio del 2016 , avendo un reddito superiore ai limiti previsti per poter beneficiare della predetta prestazione assistenziale, non chiedeva all’Inps il pagamento della provvidenza.

Maturati gli altri requisiti di legge, il 27.12.2018 inviava quindi la domanda in forma cartacea a mezzo PEC ma non riceveva alcun riscontro dall’Istituto.

Nelle more del giudizio, l’Inps ha prodotto la Comunicazione di Liquidazione del 30.06.2021 da cui risulta che la domanda presentata il 27.12.2018 è stata accolta con decorrenza gennaio 2019. La somma netta riconosciuta al ricorrente è stata liquidata nell’importo di EUR 10.649,88 con la precisazione che la prestazione non è stata riconosciuta nell’anno 2020 per il superamento dei limiti reddituali.

Nel caso di specie il ricorrente agisce per ottenere il pagamento della pensione di inabilità ex art. 12 L. 118/1971, con decorrenza dal mese di gennaio 2016, per cui avrebbe dovuto provare, in primo luogo, di avere presentato la relativa domanda all’INPS, in ossequio al principio di cui all’art. 7 L. n. 533/19 73 (Disciplina delle controversie individuali di lavoro e delle controversie in materia di previdenza e di assistenza) che dispone: “ In materia di previdenza e di assistenza obbligatorie, la richiesta all’istituto assicuratore si intende respinta, a tutti gli effetti di legge, quando siano trascorsi 120 giorni dalla data della presentazione, senza che l’istituto si sia pronunciato”.

A tale norma è evidentemente sotteso l’interesse pubblico “ad una sollecita e meno costosa definizione di determinate controversie” – Cass., Sez. U., 5 agosto 1994, n. 7269 – che impone alla parte privata di compulsare ante causam l’ente erogatore.

Le prestazioni previdenziali ed assistenziali non vengono erogate “d’ufficio” dall’Ente, ma soltanto se l’interessato/assicurato abbia presentato l’apposita domanda che è necessaria non solo sotto il profilo sostanziale affinché il diritto possa essere riconosciuto, ma anche sotto il profilo processuale in quanto la tesi della generale indispensabilità dell’istanza amministrativa in relazione a tutte le controversie di cui all’art. 442 c.p.c. è assolutamente prevalente nella giurisprudenza di legittimità.

Inoltre il ricorrente avrebbe dovuto provare la sussistenza degli altri requisiti socio-economici previsti dalla legge 118 per accedere alla prestazione in parola, in particolare il requisito reddituale relativamente a tutti gli anni dal 2016 ad oggi.

Non risulta provato che il beneficiario nel 2016 inviava la domanda all’Istituto convenuto, conseguentemente è corretto l’operato dello stesso che ha riconosciuto il diritto a beneficiare della pensione di inabilità a decorrere da gennaio 2019.

Eguali considerazioni per quanto riguarda il mancato pagamento della prestazione in relazione all’anno 2020, poiché l’onere di provare la sussistenza del requisito reddituale anche in tale anno gravava sul ricorrente e non sull’Inps.

Ciò detto, viene precisato che l’istituto giuridico denominato “cessazione della materia del contendere” è stato creato al fine di dare una soluzione concreta ai casi in cui, per sopraggiunte situazioni di fatto nel corso del processo, sia inutile la prosecuzione del processo stesso perché la situazione del contendere è stata risolta.

E’, quindi, un’ipotesi di estinzione del giudizio, creata dalla prassi giurisprudenziale, causata da: a) rinuncia all’azione; b) rinuncia alla pretesa sostanziale; c) venire meno dell’interesse delle parti alla sua naturale definizione.

Presuppone, dunque, che la situazione sostanziale nuova (o quanto meno diversa) da quella presente al momento dell’introduzione del processo, “soddisfi” l’attore rendendo inutile la sua azione volta ad ottenere un risultato utile, giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice.

L’accertamento, inoltre, deve essere condotto avendo riguardo all’azione proposta e alle difese svolte dal convenuto (Cass. 2567/2007).

Ebbene, alla luce dell’avvenuto pagamento in favore del ricorrente di quanto invocato, a decorrere dal gennaio 2019, viene dichiarata la sopravvenuta cessazione della materia del contendere.

Il contrasto sulla regolamentazione delle spese processuali viene risolto in base al criterio della cd soccombenza virtuale.

In virtù di tale principio, il Giudice regola le spese in base alla normale probabilità di accoglimento della pretesa di parten attrice, fondando la propria valutazione su criteri di verosimiglianza, o su un’indagine sommaria di delibazione del merito, condotta in astratto, ipotizzando quello che sarebbe potuto essere l’esito del giudizio qualora fosse proseguito.

E’ pacifico tra le parti che la domanda amministrativa per ottenere il pagamento è stata presentata a dicembre 2018, purtuttavia la prestazione è stata liquidata solo a giugno del 2021 dopo la notifica del ricorso introduttivo del presente giudizio.

Il ritardo con cui si è concluso il procedimento amministrativo è addebitabile al solo comportamento negligente dell’Ente e, dunque, ne viene dichiarata la soccombenza virtuale ai fini dell’accollo delle spese di lite.

Avv. Emanuela Foligno

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