Reversibilità della pensione tra prima e seconda moglie (Cass. civ., sez. lav., 14 giugno 2023, n. 16960).

Nuovamente all’attenzione della Corte la tematica della reversibilità della pensione tra prima e seconda moglie, con una importante precisazione.

La Suprema Corte ha infatti chiarito, con la decisione qui a commento, che devono essere tenuti in considerazione non solo gli anni di matrimonio e/o di convivenza, ma anche l’entità dell’assegno divorzile all’ex coniuge.

La Corte di Appello di Bologna ha rigettato il gravame avverso la sentenza del Tribunale che aveva determinato la quota del trattamento di reversibilità spettante alla prima moglie e titolare di assegno divorzile, nella misura del 70,91% e quella spettante alla seconda, (convivente more uxorio), nella misura del 29,09%.

La Corte di Appello evidenziava che il primo matrimonio era durato per circa 36 anni, dal 1961 alla data del passaggio in giudicato della sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio, avvenuto nel 2009; a tale dato è stato applicato il correttivo derivante dalla durata della convivenza more uxorio con la seconda donna per cui l’intera durata della convivenza con quest’ultima era pari a 16 anni, dal 2000 al decesso.

I Giudici di secondo grado, pertanto, hanno confermato la ripartizione delle quote della pensione di reversibilità effettuata dal Tribunale, tenuto conto anche dell’incidenza delle condizioni economiche e della capacità lavorativa delle parti.

La seconda donna ricorre per la cassazione della decisione articolando un unico motivo. Si duole, in particolare, del fatto che veniva considerata, nella durata del matrimonio con la prima donna, anche il periodo compreso tra la data del provvedimento di separazione e quella di divorzio, così operando una illegittima inversione dell’onere della prova, dando rilievo solo alla durata legale e non a quella effettiva del matrimonio, valutando, allo stesso modo, il periodo ante e post separazione, anche se non era stata fornita la prova della “sua effettiva rilevanza rispetto alle singole condizioni”.

La Suprema Corte, nell’evidenziare che la Corte territoriale si è attenuta ai corretti principi giurisprudenziali, evidenzia:

– la ripartizione del trattamento di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite, entrambi aventi i requisiti per la relativa pensione, va effettuata, oltre che sulla base del criterio della durata dei matrimoni, anche sulla durata delle convivenze prematrimoniali, dovendosi riconoscere alla convivenza more uxorio non una semplice valenza “correttiva” dei risultati derivanti dall’applicazione del criterio della durata del rapporto matrimoniale, bensì un distinto ed autonomo rilievo giuridico, ove il coniuge interessato provi stabilità ed effettività della comunione di vita prematrimoniale.

– ai fini, poi, della ripartizione del trattamento di reversibilità vanno considerati ulteriormente l’entità dell’assegno di mantenimento riconosciuto all’ex coniuge, le condizioni economiche dei due aventi diritto e la durata delle rispettive convivenze prematrimoniali, senza mai confondere, però, la durata delle convivenza con quella del matrimonio, cui si riferisce il criterio legale, nè individuare nell’entità dell’assegno divorzile un limite legale alla quota di pensione attribuibile all’ex coniuge, data la mancanza di qualsiasi indicazione normativa in tal senso.

– non tutti tali elementi devono necessariamente concorrere, nè essere valutati in egual misura, rientrando nell’ambito del prudente apprezzamento del Giudice di merito la determinazione della loro rilevanza in concreto.

Il ricorso viene integralmente rigettato.

Avv. Emanuela Foligno

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