In caso di ritardata esecuzione di parto cesareo che causa gravissime lesioni al nascituro deve essere riconosciuto anche il danno patrimoniale futuro

Il nesso di causalità, in ambito civilistico, consiste anche nella relazione probabilistica concreta tra comportamento ed evento dannoso, secondo il criterio, ispirato alla regola della normalità causale, del “più probabile che non”. In tali termini si è espresso il Tribunale di Cosenza (Sez. II, Sentenza n. 1284 del 20 luglio 2020) che ha deciso una delicata vicenda inerente i gravi danni cerebrali e fisici subiti da un nascituro a causa della ritardata esecuzione di parto cesareo.

Preliminarmente il Tribunale riassume l’insegnamento della giurisprudenza sulla tematica della responsabilità per malpractice medica.

Nelle cause di responsabilità professionale della struttura sanitaria e/o del medico deve affermarsi che il paziente che agisce in giudizio deducendo l’inesatto adempimento dell’obbligazione sanitaria deve provare il contratto e/o il “contatto” con il professionista e allegare l’inadempimento di quest’ultimo, che consiste nell’aggravamento della situazione patologica del paziente o nell’insorgenza di nuove patologie per effetto dell’intervento, restando a carico dell’obbligato – sia esso il sanitario o la struttura – la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti peggiorativi siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile. Tuttavia, l’insuccesso o il parziale successo di un intervento di routine, o, comunque, con alte probabilità di esito favorevole, implica di per sé la prova dell’anzidetto nesso di causalità, giacché tale nesso, in ambito civilistico, consiste anche nella relazione probabilistica concreta tra comportamento ed evento dannoso, secondo il criterio, ispirato alla regola della normalità causale, del “più probabile che non”.

Per quanto attiene all’onere della prova viene evidenziato che l’elaborazione giurisprudenziale va riletta alla luce del principio enunciato in termini generali dalle Sezioni Unite con la sentenza 30 ottobre 2001, n. 13533, in tema di onere della prova dell’inadempimento e dell’inesatto adempimento.

Le Sezioni Unite, nel risolvere un contrasto di giurisprudenza tra le sezioni semplici, hanno enunciato il principio secondo cui il creditore che agisce per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno ovvero per l’adempimento deve dare la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto e’ gravato dell’onere della prova del fatto estintivo, costituito dall’avvenuto adempimento.

Analogo principio è stato enunciato con riguardo all’inesatto adempimento, rilevando che al creditore istante è sufficiente la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento, gravando ancora una volta sul debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto esatto adempimento.

Applicando questo principio all’onere della prova nelle cause di responsabilità professionale della struttura sanitaria e/o del medico deve affermarsi che il paziente che agisce in giudizio deducendo l’inesatto adempimento dell’obbligazione sanitaria deve provare il contratto e/o il “contatto” con il professionista e allegare l’inadempimento di quest’ultimo, che consiste nell’aggravamento della situazione patologica del paziente o nell’insorgenza di nuove patologie per effetto dell’intervento, restando a carico dell’obbligato – sia esso il sanitario o la struttura – la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti peggiorativi siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile (cfr. Cass. 10297/04).

Tuttavia, l’insuccesso o il parziale successo di un intervento di routine, o, comunque, con alte probabilità di esito favorevole, implica di per sè la prova dell’anzidetto nesso di causalità, giacche’ tale nesso, in ambito civilistico, consiste anche nella relazione probabilistica concreta tra comportamento ed evento dannoso, secondo il criterio, ispirato alla regola della normalità causale, del “piu’ probabile che non” (Cass., 975/2009).

L’attrice addebita alla Struttura Ospedaliera di Cosenza la responsabilità della ritardata esecuzione di parto cesareo che causava al nascituro gravi danni cerebrali e fisici sfociati nella finale diagnosi di tetraparesi spastica e disartria grave.

La causa veniva istruita attraverso l’espletamento di C.T.U. Medico-legale che attribuiva le gravi lesioni alla condotta negligente dei medici dell’Ospedale di Cosenza.

L’errore imputato ai Sanitari risiede nella condotta attendistica erroneamente tenuta atteso che un intervento più tempestivo, avrebbe evitato al feto ore di sofferenza intrauterina scongiurando le gravissime lesioni subite, tanto più che le cure praticate nel reparto di neonatologia successivamente alla nascita del bambino sono state giudicate dal perito del tutto corrette tanto da consentirne la sopravvivenza pur se nato alla 29esima settimana di gestazione.

Alla luce delle conclusioni dei due periti il Tribunale ritiene che la Struttura convenuta va condannata al risarcimento dei danni subiti dal giovane.

Riguardo alla determinazione del danno biologico patito i Consulenti d’Ufficio hanno determinato postumi permanenti consistenti in “tetraparesi spastica ed insufficienza mentale in esiti di encefalopatia perinatale”, pertanto, il Tribunale quantifica il danno subito dal nascituro nella misura del 100%.

Il danno non patrimoniale da lesione permanente del diritto alla salute viene liquidato in applicazione dei valori previsti dalle Tabelle milanesi in € 1.219.355,00 all’attualità.

Il Tribunale accoglie anche la domanda di risarcimento del danno patrimoniale futuro in favore del minore argomentando che le gravissime lesioni della integrità personale sono destinate a produrre un danno patrimoniale futuro in quanto totalmente compromessa la futura capacità di guadagno del danneggiato.

Il Tribunale utilizza il criterio equitativo di individuazione della base del reddito fondato sul triplo della pensione sociale, addivenendo all’importo di € 549.679,806 (17.940,00 x 30,6399 x 100%).

Inoltre alla madre viene riconosciuto un danno biologico di natura psichica nella misura del 35%.

Avv. Emanuela Foligno

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