Due studiose sono al lavoro per la creazione di un vaccino contro la sifilide, malattia venerea sessualmente trasmessa che si credeva debellata ma che invece si sta ripresentando sia in Nord America che in Italia.

Secondo le stime infatti, a livello mondiale, sono 10,6 milioni i nuovi casi ogni anno di questa malattia causata dal batterio Treponema pallidum. Si tratta infatti di un patogeno incredibilmente invasivo. Riesce a passare dal sangue al cervello e dalla madre al feto attraverso la placenta provocando seri danni se non curata tempestivamente.
La microbiologa Caroline Cameron dell’università canadese di Victoria e la ricercatrice americana Sheila Lukehart dell’università di Washington hanno ottenuto una borsa di 2,3 milioni di dollari da parte del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (Niaid) statunitense per lo studio e i test preclinici fondamentali alla creazione del vaccino contro la sifilide.

La canadese Cameron ha in prima istanza realizzato un vaccino proteico che blocca l’ingresso del batterio responsabile della sifilide nel sistema circolatorio. La combinazione con altre proteine – provenienti dallo studio della americana – impedirà la formazione di lesioni. La speranza delle due studiose è riuscire a estirpare questa malattia attraverso il vaccino combinato alla diagnosi precoce e a trattamenti efficaci.

A questo proposito in Italia il Ministero della Salute e l’Istituto San Gallicano hanno messo a disposizione fino alla fine di Agosto un Point of Care (POC) per il test rapido di sifilide che si effettua da goccia di sangue capillare presso il Gay Village di Roma dove poter effettuare il test rapido per la sifilide. Un ambiente dove efficienza sanitaria, privacy e confidenzialità sono garantite.
Una tappa di partenza per altri appuntamenti che questo progetto prevede. L’obiettivo è la diagnosi rapida di sifilide in ambiente extraospedaliero come strategia di prevenzione anche dell’infezione da HIV mirata soprattutto ai maschi che fanno sesso con maschi (MSM). “Questo Progetto in stretta collaborazione con il Ministero della Salute – evidenziano Massimo Giuliani e Antonio Cristaudo, Direttore dell’Unità Malattie Sessualmente Trasmissibili/HIV del San Gallicano – potrà permettere di identificare quei casi infettivi altrimenti ignoti al Sistema Sanitario Nazionale, arginare l’aumento dei contagi e rafforzare la capacità di informazione, di screening e di assistenza dei Centri clinici specialistici.”

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