Il comportamento del conducente non in condizioni psico-fisiche idonee può costituire concorso di colpa nella verificazione del sinistro stradale

La scelta di porsi alla guida di un veicolo in condizioni psico-fisiche inidonee a garantire il controllo del mezzo può costituire condotta colposa causalmente determinante nella verificazione di un sinistro stradale mortale.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione (sez. IV Penale, sentenza n. 15215 del 5 aprile 2018).

La vicenda riguarda un sinistro stradale causato da un uomo affetto da epilessia che a causa di un malore causava un sinistro mortale e veniva sottoposto a procedimento penale per il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione di norme regolatrici della circolazione stradale.

Secondo la ricostruzione dell’accusa, l’imputato – colto da un malore improvviso alla guida della propria autovettura  avrebbe percorso contromano un tratto di strada per poi travolgere un ciclista che proveniva in senso opposto.

Al conducente è stato contestato di essersi messo alla guida nella consapevolezza di andare affetto da una grave patologia che, peraltro, ebbe già a manifestarsi in passato con altrettanti epiloghi, sebbene mai così gravi. Tale inavvedutezza è valsa la contestazione della circostanza aggravante comune di cui all’art. 61, n. 3, c.p. (i.e. colpa con previsione dell’evento).

Il Tribunale di primo grado accertava la responsabilità aggravata dell’imputato per il reato ascritto.

La Corte d’Appello ha escluso l’aggravante contestata dal momento che – sebbene l’evento (morte) non fosse imprevedibile – non vi erano ragioni per sostenere che l’imputato si fosse messo alla guida nella – reale e piena – consapevolezza di essere un malato di epilessia.

La vicenda approda in Cassazione per erroneità della sentenza di condanna nella parte in cui i Giudici di secondo grado avrebbero mancato di rilevare l’assenza, in capo all’imputato, dell’elemento soggettivo, così condannando l’uomo per il semplice fatto di essersi sentito male – improvvisamente, in maniera imprevista e senza capacità di porre rimedio alle inevitabili conseguenze – mentre era alla guida.

La Corte non ritiene fondati i motivi di impugnazione in quanto dai giudizi di merito emerge che in varie occasioni era emerso il pericolo “perdita di conoscenza” dell’imputato riconducibile alle crisi che lo perseguitavano.

La Suprema Corte esplora, dunque,  la possibilità di ricondurre causalmente l’evento alla condotta colposa dell’imputato sulla base del comportamento antecedente alla materiale condotta di guida, e segnatamente alla violazione di “elementari regole di prudenza che devono assistere la stessa scelta di porsi alla guida di un veicolo”.

In altri termini, la Corte ha riflettuto sulla possibilità di ricondurre un determinato evento (nel caso di specie, la morte del ciclista) alla violazione di una norma cautelare (non mettersi alla guida di un veicolo in condizioni di salute inidonee) che disciplina un momento antecedente alla condotta immediatamente causativa dell’evento (guida della vettura, perdita di controllo e conseguente causazione del sinistro mortale).

Ciò posto, viene sottolineato che in materia di circolazione stradale può costituire condotta colposa causalmente determinante nella verificazione di un sinistro (mortale) anche la scelta di «porsi alla guida di un veicolo in condizioni psico-fisiche non idonee a garantire il controllo del mezzo».

Per tali ragioni la Corte ha rigettato il ricorso confermando la sentenza impugnata e condannando l’imputato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

Avv. Emanuela Foligno

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