Non incorrono in alcuna responsabilità da inadempimento contrattuale la struttura sanitaria e il medico chirurgo che, in caso di intervento con particolari difficoltà tecniche, provochino danni se non per dolo o colpa grave

La vicenda

A seguito della diagnosi medica di “gozzo tiroideo plurinodulare”, il paziente si era ricoverato presso la struttura sanitaria convenuta in giudizio, dove veniva sottoposto ad intervento di tiroidectomia totale. 

Il giorno immediatamente successivo l’intervento, il paziente registrava un problema foniatrico e di disfagia per i liquidi, senza difficoltà respiratorie.

Persistendo tali problematiche, veniva sottoposta a consulenze specialistiche, del tipo otorino-laringoiatre, che testualmente refertavano: “una marcata ipomobilità di entrambe le corde vocali in posizione lateralizzata. Spazio respiratorio conservato .. ; e la seconda, una paralisi cordale in posizione bilaterale paramediana con spazio respiratorio appena sufficiente .. “.

Ciononostante qualche giorno più tardi, il paziente veniva dimesso dall’Ospedale con una diagnosi di uscita che rilevava buone condizioni di salute con un modesto miglioramento della fonazione, con la prescrizione di sottoporsi, di lì ad un mese, a visite specialistiche, sia endocrinologiche che otorino-laringoiatre.

Il peggioramento delle condizioni di salute

Ma la situazione, intanto, si evolveva in senso negativo con una ingravescenza delle predette problematiche ed una riduzione della funzionalità respiratoria, tanto che un mese più tardi, all’esito di una consulenza che faceva propendere per una paresi cordale in posizione paramediana bilaterale con spazio respiratorio appena sufficiente, veniva nuovamente sottoposto ad un intervento di tracheotomia con posizionamento di cannulla finestrata …

Il ricovero (il secondo) si protraeva per circa 15 giorni, ma i problemi di dispnea-disfonia e di disfagia perduravano. E nel maggio dell’anno seguente, il paziente veniva ricoverato ancora una volta presso lo stesso ospedale per essere di lì a poco sottoposto ad intervento di cordoaritenoidotomia sx con tecnica laser.

Qualche mese più tardi una visita medico otorino laringoiatra refertava testualmente: “paralisi adduttoria iatrogena delle corde vocali con esiti di cordoaritenoidectomia ex e stenosi dello spazio respiratorio glottico con dispnea da sforzo.

Insomma, dall’osservazione del modularsi dei fatti e dai referti delle indagini compiuti sugli interventi eseguiti risultava che i sanitari della struttura citata a giudizio, nell’esecuzione dell’intervento di tiroidectomia totale (il primo) avessero cagionato al paziente la lesione bilaterale dei nervi laringei con conseguenti esiti invalidanti permanenti alle corde vocali, dispnea/disfonia, disfagia e riduzione della capacità respiratoria per ostruzione dello spazio respiratorio laringeo.

Di qui l’azione in giudizio per il risarcimento di tutti i danni patiti a causa della condotta imperita, imprudente e negligente dei sanitari, ed in particolare, del medico convenuto, in occasione delle cure e degli interventi chirurgici eseguiti sulla sua persona.

Natura della responsabilità della struttura sanitaria e onere probatorio

Come chiarito dalla Cassazione “in tema di responsabilità dell’ente ospedaliero per inesatto adempimento della prestazione sanitaria, inquadrabile nella responsabilità contrattuale, è a carico del danneggiato la prova dell’esistenza del contratto e dell’aggravamento della situazione patologica (o dell’insorgenza di nuove patologie), nonché del relativo nesso di causalità con l’azione o l’omissione dei sanitari, restando a carico di questi ultimi la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti siano stati determinati da un evento imprevisto ed imprevedibile” (Cass. civ. n. 975/2009).

In applicazione dei suesposti principi di diritto il Tribunale di Pisa (sentenza n. 461/2020) ha esaminato la domanda attorea tenendo conto che era onere di parte attrice dimostrare l’esistenza del contratto con la struttura sanitaria ed allegare l’inadempimento (o comunque l’inesatto adempimento) delle prestazioni medico professionali rese nei suoi confronti da parte dell’azienda ospedaliero convenuta nonché provare il nesso causale tra la condotta ed il danno restando, invece, a carico della struttura convenuta la prova che le medesime prestazioni erano state eseguite in modo diligente e che il danno è stato determinato da un evento imprevisto, imprevedibile ovvero inevitabile.

Tanto premesso, nel caso, non era oggetto di contestazione tra le parti la sussistenza di un contratto di spedalità. Parte attrice aveva, inoltre, assolto l’onere probatorio afferente la sussistenza di lesioni di origine iatrogena, ovvero ricollegabili all’esecuzione dell’intervento chirurgico di tirodeictomia.

Quanto al merito, la res controversa riguardava i profili di difficoltà e non routinarietà dell’intervento eseguito.

Ebbene, dalla CTU medico legale era emerso che sebbene le problematiche lamentate fossero ascrivibili alla lesione dei nervi laringei, tuttavia, si era trattato di un intervento “in concreto” di non facile esecuzione, che aveva presentato difficoltà “per le tenaci aderenze, che avevano determinato sicuramente un elemento di difficoltà. Per quanto, infatti, meticolosa e prudente possa essere la tecnica utilizzata ciò, in un caso del genere, può non essere sufficiente a preservare l’integrità dei nervi anzidetti”.

La presenza delle aderenze aveva, pertanto, sicuramente giocato un ruolo importante nel processo di determinazione delle lesioni lamentate dalla ricorrente, senza che potesse, pertanto, configurarsi una responsabilità nell’operato dei chirurghi.

“Se infatti dai dati statistici la percentuale di complicanze lesive permanenti come quelle ora qui scrutinate sono di raro accadimento .. in ogni caso ci si deve aspettare che accadano se anche con rara frequenza. .. In caso contrario la procedura verrebbe ad essere erroneamente considerata perfetta, cioè priva di rischi e scevra da complicanze, con la conseguenza che – e questo lo aggiunge chi scrive – laddove si pervenisse in un caso come quello all’esame, con evenienze mediche e scientifiche del tipo di quelle acquisite, ad un’affermazione di responsabilità dei sanitari convenuti, si perverrebbe, in definitiva, a trasformare una scienza basata sulla probabilità, come la medicina, in una scienza esatta”.

Le difficoltà tecniche dell’intervento

Sotto un profilo più squisitamente giuridico le conclusioni cui era pervenuto l’ausiliario hanno indotto il giudice di merito a ricondurre l’intervento chirurgico oggetto di causa, tra le ipotesi di cui all’art. 2236 c.c. secondo il quale: “se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave”.

Per cui, esclusa la prevedibilità della particolare complessità del caso concreto ed accertata la corretta esecuzione di tutte le fasi operatorie, doveva ritenersi che il comportamento dei sanitari fosse stato in concreto esente da responsabilità, costituendo il danno iatrogeno riportato una conseguenza prevedibile ma non prevenibile, pur a fronte dell’adozione di una corretta tecnica di esecuzione dell’intervento.

Per queste ragioni, l’adito tribunale del capoluogo toscano ha rigettato integralmente la domanda attorea.

Avv. Sabrina Caporale

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