Sono arrivate le condanne per i due medici ritenuti colpevoli per la morte di una 18 enne, suicida dopo la violenza sessuale di cui era stata vittima in ospedale. A violentarla era stato un altro degente.

Non avrebbero vigilato abbastanza i due medici condannati nel caso della 18enne suicida dopo la violenza sessuale subita da parte di un altro degente, mentre entrambi erano ricoverati.

Una vicenda drammatica che ora si è conclusa anche in tribunale.

A essere condannati sono stati l’ex vicesindaco di Pavia e psichiatra Eligio Gatti e la psichiatra lomellina Maria Pionetti.

La ragazza di 18 anni si era tolta la vita gettandosi dalla finestra del centro psicosociale di Lodi dopo una violenza sessuale subìta a Codogno. Lo psichiatra Gatti, nello specifico, è stato condannato dai giudici del tribunale di Lodi a due anni di reclusione con la sospensione condizionale.

Il pubblico ministero Mantovani ne aveva chiesti quattro.

All’epoca della tragedia, che era avvenuta il 1° luglio del 2010, il medico era direttore del reparto di psichiatria di Codogno. Quanto alla psichiatra Maria Elisabetta Pionetti, per lei è giunta una condanna a un anno e quattro mesi. Allora era direttrice del centro psicosociale di Lodi.

L’accusa aveva chiesto una condanna a due anni e sei mesi di reclusione. C’è stata invece la piena assoluzione per Alessandro Marni, altro psichiatra pavese, il medico di Codogno Emilio Grazioli e il ginecologo Valerio Comerci.

La ragazzina, suicida dopo la violenza sessuale, era ricoverata nel reparto di psichiatria dell’ospedale di Codogno. Lì si era verificato lo stupro, perpetrato da un altro degente, un 32enne con problemi psichiatrici.

La giovane donna, scossa e traumatizzata, era stata trasferita nel centro psicosociale di Lodi che, secondo l’accusa, non era struttura idonea ad ospitare una vittima di violenza sessuale.

Così, 4 mesi dopo, la ragazza si era lanciata da una finestra del secondo piano morendo sul colpo.

Per i magistrati della procura della repubblica di Lodi i medici di Codogno non avrebbero dovuto trasferirla, essendo quel centro psicosociale una struttura non idonea.

Gli avvocati difensori durante il processo avevano invece puntato sul rapporto di casualità tra la violenza sessuale e il suicidio. Un rapporto che, secondo la loro ricostruzione, non c’era.

Questo perché poco prima di suicidarsi la giovane avrebbe avuto un litigio con la madre piuttosto acceso.

Nel centro psicosociale di Lodi, sempre secondo la difesa, non aveva manifestato segnali che lasciassero presagire la tragedia.

Alla luce di tali circostanze, i giudici hanno accolto parzialmente la tesi. Pertanto, hanno condannato due medici e ne hanno assolti tre.

 

 

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