Tecnopatia con esito mortale e conseguente risarcimento (Cass. Civ. sez. lav., 15 dicembre 2022, n. 36841).

Decesso non immediato da tecnopatia e danni risarcibili.

In caso di tecnopatia, ovvero malattia di derivazione professionale, cui consegue il decesso non immediato del lavoratore, può discorrersi di danno catastrofale?

La Corte d’Appello di Genova, decidendo il caso di un lavoratore deceduto dopo un anno dalla diagnosi di mesotelioma pleurico, liquidava unitariamente a titolo jure hereditatis sia il danno biologico terminale che il danno morale catastrofale.

Gli eredi del lavoratore impugnano la decisione in Cassazione lamentando che il criterio di liquidazione del danno erroneamente veniva adottato in maniera unitaria e non duplice.

Gli Ermellini, si pongono in continuità ai precedenti della materia  e confermano che il pregiudizio subito dalla vittima, allorché l’exitus sopravvenga dopo un apprezzabile lasso di tempo dall’infortunio, o dal manifestarsi della malattia professionale, è configurabile e trasmissibile ai congiunti nella duplice componente del danno biologico terminale da invalidità temporanea assoluta, e del danno morale catastrofale derivante dalla sofferenza connessa alla cosciente e lucida attesa della fine.

Di talchè, in punto di liquidazione si deve procedere ad una liquidazione distinta delle due voci di danno in parola, essendo le stesse – come ribadito – ontologicamente differenti.

Ergo, al danno biologico terminale, consistente in un danno biologico da invalidità temporanea totale da quantificarsi sulla scorta del criterio tabellare, può sommarsi il danno da sofferenza psichica (il danno catastrofale), che deve essere quantificato in via equitativa sulla scorta del pregiudizio patito in concreto, e secondo criteri di proporzionalità ed equità.

Avv. Emanuela Foligno

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