Chi agisce contro l’erede testamentario deve proporre azione di accertamento negativo dell’autenticità del testamento olografo ed è onerato del relativo onere probatorio

Con l’ordinanza n. 24749/2019, la Cassazione si è pronunciata sul ricorso di un uomo che, assieme ad altri attori, aveva impugnato il testamento con cui la testatrice aveva istituito quale erede universale una donna. Nello specifico, nell’impugnazione dell’atto, si deduceva la falsità del testamento stesso e, comunque, la incapacità di intendere e volere della de cuius.

L’istanza era stata respinta dai Giudici del merito i quali avevano ritenuto che gli attori non avessero adempiuto né all’onere, su di loro gravante, di provare la falsità del testamento (sottolineando, per contro, come la beneficiaria avesse fornito per testi la prova della relativa autenticità) né all’onere, di cui pure erano gravati, di provare il dedotto stato di incapacità naturale della de cuius all’atto della redazione del testamento.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte il ricorrente eccepiva, tra gli altri motivi, la violazione di legge in cui la corte territoriale sarebbe incorsa ritenendo autentico un testamento che gli attori avevano disconosciuto fin dalla citazione introduttiva.

Per i Giudici Ermellini, tuttavia, si tratta di una doglianza infondata.

La decisione impugnata, infatti, era conforme al costante orientamento adottato dalla giurisprudenza di legittimità (SS.UU. 12307/2015), secondo cui chi agisca contro l’erede testamentario deve proporre azione di accertamento negativo dell’autenticità del testamento olografo ed è onerato del relativo onere probatorio.

Per quanto poi specificamente concerne l’argomento del ricorrente secondo cui l’articolo 216 del codice di procedura civile porrebbe a carico di chi intenda valersi di un testamento l’onere di proporre istanza di verificazione nel caso in cui lo stesso venga disconosciuto, la Cassazione – rilevano dal Palazzaccio – ha ribadito che il testamento olografo “non è contestabile attraverso il procedimento previsto per le altre scritture private”, in quanto tale negozio, pur gravitando nell’orbita delle scritture private, non può essere semplicisticamente “equiparato ad una qualsivoglia scrittura proveniente da terzi, destinata come tale a rappresentare, quoad probationis, una ordinaria forma di scrittura privata non riconducibile alle parti in causa”.

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