Annullata la sanzione irrogata per violazione delle misure anti contagio Covid-19 perché illegittima la dichiarazione di emergenza e i DPCM che limitavano la libertà

È stata annullata la sanzione per la violazione delle misure anti contagio Covid-19 per illegittimità sia della dichiarazione di emergenza sanitaria (per violazione degli artt. 95 e 78 Cost.), sia dei rispettivi DPCM che limitavano la libertà di spostamento delle persone (per violazione dell’art. 13 Cost.). 

Tali sono le conclusioni del Giudice di Pace di Frosinone (sentenza n. 516 del 29 luglio 2020).

Un uomo rivolge al Giudice di Pace opposizione al verbale e alla sanzione che gli venivano irrogati per mancato rispetto delle norme restrittive anti contagio da Covid-19.

Il Giudice di Pace preliminarmente evidenzia che con apposita deliberazione dello scorso 31 gennaio il consiglio dei Ministri dichiarava lo stato di emergenza per il rischio sanitario per la durata di 6 mesi.

Lo stato di emergenza veniva dichiarato ai sensi dell’art. 7, comma 1, lett. c) e dell’art. 24, comma 1, D.lgs. n. 1/2018.

Ma il menzionato art. 7 si riferisce a fattispecie (eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo) tra le quali però nulla è riconducibile al rischio sanitario.

Non vi è, prosegue il Giudice, nella nostra Costituzione alcun riferimento ad ipotesi di dichiarazione dello stato di emergenza per rischio sanitario.

Da ciò deriva che la deliberazione adottata dal consiglio dei Ministri è illegittima, emanata in assenza di presupposti legislativi ed emessa in violazione degli artt. 78 e 95 Cost. che non prevedono il potere del Consiglio dei Ministri di dichiarare lo stato di emergenza sanitaria.

Ne deriva illegittimità di tutti gli atti amministrativi conseguenti, come il D.P.C.M. invocato dal verbale opposto.

Viene dichiarata, inoltre, l’illegittimità per violazione dell’art. 13 Cost. del D.P.C.M. del 9 marzo 2020 invocato dal verbale opposto e del rinviato D.P.C.M. dell’8 marzo 2020, che, allo scopo di contrastare e contenere il COVID-19, vietava ogni spostamento delle persone fisiche al di fuori della propria abitazione, con limitate e specifiche eccezioni, dettando un vero e proprio obbligo di permanenza domiciliare.

Ma l’art. 13 della Costituzione stabilisce che le misure restrittive della libertà personale possono essere adottate solo su motivato atto dell’autorità giudiziaria.

Dunque, neppure una legge potrebbe prevedere nel nostro ordinamento l’obbligo di permanenza domiciliare, irrogato direttamente a tutti i cittadini dal legislatore anziché dall’autorità giudiziaria con atto motivato, senza violare l’art. 13 suddetto.

Nel caso in esame, trattandosi di un DPCM, ovverosia di un atto amministrativo, il Giudice non deve rimettere la questione di legittimità alla Corte Costituzionale, ma deve procedere alla disapplicazione dell’atto stesso illegittimo per violazione di legge.

Il ricorso viene accolto con annullamento dell’atto opposto.

Avv. Emanuela Foligno

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