Avere 35 anni, una laurea, facilmente spendibile, come quella in economica e conoscere una seconda lingua, può giustificare la negazione del diritto all’assegno di divorzio?

Secondo l’attuale orientamento il criterio che deve guidare il giudice nell’apprezzare la possibilità di riconoscere l’assegno divorziale al coniuge richiedente, risiede nella cd funzione compensativa, che conduce al riconoscimento di un contributo, partendo dalla comparazione delle condizioni economico-patrimoniali ma che tenga conto, al tempo stesso, delle aspettative professionali ed economiche eventualmente sacrificate dal richiedente per la realizzazione del progetto di vita comune.
Tale valutazione, presuppone un giudizio prognostico riguardante la concreta possibilità di recuperare il pregiudizio professionale ed economico derivante dall’assunzione di un impegno diverso.
Sotto questo specifico profilo il fattore età del richiedente è di indubbio rilievo al fine di verificare la concreta possibilità di un adeguato ricollocamento sul mercato del lavoro.
Ma in ogni caso, il giudice di merito, per stabilire se attribuire o meno l’assegno, deve comunque verificare la sussistenza di un netto divario nella situazione economica delle parti.
Infatti, solo qualora lo squilibrio sia conseguenza anche dei sacrifici effettuati dal richiedente, vi sarà il diritto alla corresponsione dell’assegno.
Viceversa, qualora nessuno dei coniugi si sia sacrificato a tal fine (solo a titolo di esempio, nel caso in cui matrimonio abbia avuto durata molto breve, non siano nati figli e non vi siano state rinunce delle parti allo sviluppo della propria professionalità per favorire la crescita della famiglia), non vi sarà spazio per il riconoscimento di un assegno divorzile.

La vicenda

Dopo la dichiarazione di scioglimento dell’unione civile tra due coniugi, l’ex moglie aveva agito in giudizio, contro l’ex marito, al fine di ottenere l’attribuzione di un assegno divorzile, in suo favore.
Ma l’istanza, alla luce dei principi sopra enunciati, veniva rigettata.
Il Tribunale di Treviso, dinanzi al quale era stata instaurata la lite, aveva infatti rilevato che la donna, trentacinquenne, sebbene laureata in economica e commercio, non fosse occupata in alcun impiego.
Ella aveva fondato la sua richiesta sulla base delle seguenti circostanze: asseriva di aver sempre seguito il marito nei suoi trasferimenti lavorativi, di comune accordo con lo stesso, e che, sempre per scelta condivisa, si sarebbe dimessa dalle occupazioni lavorative precedenti.
Successivamente, nonostante l’invio di molti currucula la stessa non era riuscita a reperire alcuna attività lavorativa.
Ma per il giudice del capoluogo veneto, tali argomentazioni non erano sufficienti.
Ed infatti, ella aveva un’età che le avrebbe consentito “agevolmente” di reinserirsi nel mondo del lavoro, considerato anche il possesso di laurea facilmente spendibile, cui si aggiungeva anche la conoscenza della lingua spagnola, quale lingua madre.
E in ogni casi, il solo invio di curricula – a detta del Tribunale di Treviso – non è sufficiente a provare l’impossibilità di reperire un impiego.

Ciò conduceva a ravvisabile una sua inerzia colpevole nel reperire un’occupazione.

Oltre a tali aspetti, doveva anche rilevarsi che la coppia non aveva avuto figli e che il matrimonio era durato circa dieci anni, ma soprattutto non vi era stato alcun apprezzabile sacrificio della richiedente durante la vita coniugale che avesse contribuito alla formazione o all’aumento del patrimonio del ricorrente.
Ella perciò non aveva motivo di richiede l’attribuzione di un assegno divorziale, che viceversa, ove riconosciuto, le avrebbe attribuito una sostanziale e ingiustificata rendita di posizione.

La redazione giuridica

 
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