I ricorrenti hanno diritto al risarcimento del danno non patrimoniale per il turbamento cagionato dalla perdita del congiunto a causa dell’inosservanza della normativa antinfortunistica (Tribunale di Reggio Calabria, Sez. Lavoro, Sentenza n. 798/2021 del 01/04/2021 RG n. 1788/2020)

I congiunti del lavoratore deceduto a seguito dell’infortunio sul lavoro citano a giudizio la società datrice di lavoro e il Comune, onde vederne accertata la responsabilità per inosservanza della normativa antinfortunistica di settore e per non avere adottato tutte le cautele necessarie.

I ricorrenti, in particolare, deducono che:

  • il congiunto decedeva in data 02.11.2015 per infortunio sul lavoro avvenuto presso il cantiere in località Pantano di Acquacalda ove si trovava con il datore di lavoro per espletare l’attività lavorativa;
  • all’epoca dell’infortunio aveva 25 anni ed era dipendente di fatto della ditta convenuta che si occupa di impianti elettrici e di protezione antincendio e che seguiva in appalto da due anni il Comune per la manutenzione ordinaria degli impianti di pubblica illuminazione;
  • in particolare, il giorno 02.11.2015, verso le ore 15.00 , il datore di lavoro unitamente al lavoratore deceduto si recava presso la località Pantano di Acquacalda, su incarico del vicesindaco e dell’Ufficio Tecnico comunale, per rimuovere un albero caduto sui cavi elettrici dell’impianto di illuminazione pubblica, in conseguenza di un nubifragio verificatosi nella notte, che ostruiva il passaggio e costituiva un pericolo per la circolazione e l’incolumità delle persone;
  • il datore di lavoro saliva sul cestello sopraelevato dell’automezzo di proprietà per segare l’albero caduto, mentre il lavoratore si trovava sul cassone del mezzo e azionava i comandi per direzionare il cestello seguendo le indicazioni del datore;
  • tagliato il tronco, lo stesso impattava violentemente i fili elettrici del palo dell’illuminazione che si spezzava e colpiva mortalmente il lavoratore alla testa.
  • che a seguito del rinvio a giudizio dell’imputato e della sua ammissione al rito abbreviato, il Tribunale di Reggio Calabria dichiarava il datore di lavoro colpevole dei reati ascrittigli con conseguente condanna alla pena di 4 anni di reclusione ed euro 3.000,00 di ammenda.
  • che la sentenza penale è stata appellata dal datore di lavoro.

Ciò narrato, secondo i ricorrenti, pacifica la responsabilità del datore di lavoro, anche il Comune doveva ritenersi responsabile per avere conferito la committenza di appalto ad un soggetto privo della competenza specifica, oltre che di mezzi e personale adeguato.

Il committente, invero, avrebbe dovuto individuare una ditta con capacità tecnico -organizzativa per la specifica operazione e poi in collaborazione con l’impresa esecutrice individuare quali fossero i rischi specifici del lavoro affidato e quali fossero le misure preventive adeguate a neutralizzare il rischio, tanto più che le operazioni avvenivano su strada aperta al pubblico transito e soggetta alla sua custodia.

Si costituisce in giudizio il Comune, contestando la domanda dei ricorrenti e negando il rapporto di lavoro tra il deceduto e la società datrice di lavoro.

Il datore di lavoro, costituendosi in giudizio, nega la propria responsabilità e il rapporto di lavoro con l’infortunato deceduto e invoca la condanna del Comune in manleva.

Il Tribunale ritiene il ricorso parzialmente fondato.

Preliminarmente, viene dato atto che nel giudizio penale di primo grado il datore di lavoro risulta condannato ad una pena di reclusione e accessorie. La sentenza del GUP non è ancora definitiva e risulta appellata.

Tuttavia, tale decisione ha accertato il nesso causale tra la morte del lavoratore e la condotta colpevole del datore di lavoro che ha violato le più elementari norme di prudenza e quelle specifiche in materia di sicurezza sul lavoro, accertando anche un coesistente rapporto di lavoro tra le predette parti.

Tale accertamento non è definitivo ma è pur sempre utilizzabile nell’ambito del giudizio civile come un particolare e attendibile accertamento operato già da una Autorità giudiziaria e svolta con il contraddittorio penale che assicura ampia garanzia di difesa e terzietà del giudice penale.

In merito alla responsabilità del Committente dell’appalto, ovverosia il Comune, il Giudice osserva che anche a volere discorrere di urgenza dei lavori, non è giustificabile il conferimento dell’incarico a Ditta priva dei requisiti tecnico-professionali, di idonea attrezzatura e di personale adeguatamente formato e in regola.

Oltretutto, l’albero in questione era pericolante da tempo e, dunque, l’intervento del Comune poteva essere ordinato e posto in essere con tutte le idonee cautele.

Ne consegue che il Comune doveva dimostrare di avere adottato disposizioni specifiche di controllo dell’area di intervento al fine di preservare la sicurezza non solo del lavoro, ma anche dell’accesso di terzi, oltreché di avere accertato l’idoneità della società convenuta a svolgere in sicurezza gli interventi affidati.

Per tali ragioni viene ritenuta sussistente la responsabilità concorrente di entrambi i convenuti: datore di lavoro e Comune.

Riguardo il rapporto di lavoro tra il deceduto e la società convenuta il Giudice non ritiene rilevante un accertamento in tal senso alla luce della dinamica dei fatti e del nesso causale comunque risultato sussistente in capo ai convenuti per inosservanza degli obblighi di diligenza e cautela richiesti nell’esercizio delle rispettive attività e competenze.

Rimane pacifico che il lavoratore deceduto è rimasto colpito mortalmente a seguito di una operazione svolta dalla società convenuta.

Ad ogni modo, qualunque sia il concreto rapporto tra la società datrice di lavoro e il deceduto, sussistono evidenti negligenze in capo a entrambi i convenuti che determinano la paritaria responsabilità nella causazione dell’evento mortale.

Ciò posto, il Tribunale passa al vaglio l’aspetto risarcitorio.

I ricorrenti, hanno diritto al risarcimento del danno non patrimoniale per il turbamento cagionato dalla perdita del congiunto.

Utilizzando le Tabelle milanesi, si perviene all’importo di euro 250.000,00 per ciascun genitore ed euro 100.000,00 per il fratello.

Riguardo il danno patrimoniale, i ricorrenti invocano le voci di perdita futura del contributo al loro mantenimento e la perdita di tutte le utilità patrimoniali

Nella specie la parte ricorrente fa valere una serie di voci e precisamente: perdita futura del contributo al loro mantenimento e a tutte quelle utilità patrimoniali che sono fornite solitamente dai congiunti e spese funerarie.

Tale voce di danno viene liquidata con l’importo di euro 10.000,00 , detratto quanto già riconosciuto dall’Inail; le spese ulteriori e future vengono liquidate in via equitativa in euro 18.000,00.

L’intero danno patrimoniale, costituito dalla perdita del contributo patrimoniale, viene respinto poiché sguarnito di adeguata prova.

Le spese di giudizio vengono poste per ¼ in capo ai ricorrenti e per la restante parte in capo alle parti convenute.

Avv. Emanuela Foligno

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