Trova applicazione il Regolamento Infortuni che si riferisce ai casi di infortunio sul lavoro avvenuti in occasione della prestazione dell’attività lavorativa, e non invece il Regolamento previdenziale che trova applicazione nei casi in cui l’evento morte, non sia conseguenza diretta ed esclusiva di infortunio (Tribunale di Oristano, sentenza n. 134/2021del 28/09/2021-RG n. 279/2019)

La decisione qui a commento si profila interessante per la disamina svolta sulla differenza dei titoli risarcitori, e sui relativi importi, tra la liquidazione spettante secondo il Regolamento di Previdenza e quella spettante secondo il Regolamento Infortuni.

La moglie, ed unica erede del lavoratore deceduto, cita a giudizio l’Inail deducendo:

  • che la mattina del 26 maggio 2016, il lavoratore si trovava alla guida del proprio autoveicolo BMW a percorrere il tragitto che dalla sede di lavoro di Macomer lo avrebbe portato sui luoghi di lavoro;
  • che nel tragitto a causa di un sinistro stradale perdeva la vita;
  • sul luogo del sinistro intervenivano i Carabinieri della Radiomobile di Macomer, i quali provvedevano a redigere “Prontuario per le annotazioni e gli accertamenti urgenti relativi agli incidenti stradali”;
  • che il de cuius dal 12.01.1995 fino al giorno del sinistro mortale prestava la propria attività lavorativa alle dipendenze della Associazione Regionale Allevatori della Sardegna in qualità di veterinario settore ovino impiegato di livello 1/4;
  • che il datore di lavoro provvedeva a denunciare l’infortunio all’Inail che con valuta 12.04.2017 corrispondeva alla ricorrente la somma di euro 97.402,00, senza indicazione sulle causali di pagamento, che venivano fornite a seguito di sollecito del 6.06.17, con la nota datata 4.07.2017, dove si specificava che euro 17.389,00 erano state corrisposte a titolo di Tfr, euro 21.886,00 a titolo di conto individuale ed euro 58.127,00 a titolo di assegno di morte, determinato sulla base di quanto previsto dall’art. 3 del Regolamento del Fondo di previdenza;
  • che in data 16 giugno 2017 la ricorrente presentava il ricorso amministrativo, nel quale chiedeva l’applicazione del Regolamento delle prestazioni dell’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali, ricorso che non ha trovato accoglimento.

Si costituisce in giudizio l’Istituto eccependo la nullità del ricorso per inosservanza del dettato dell’art. 414 c.p.c. n. 3, 4 e 5 in ordine alla determinazione dell’oggetto della domanda, all’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto posti a base della stessa, nonché dell’indicazione specifica dei mezzi di prova ed in particolare dei documenti offerti in comunicazione.

In particolare, lamenta l’assenza di elementi o mezzi di prova che possano ricostruire il fatto storico asserito (infortunio in itinere), sia in riferimento all’eventuale ordine di servizio del datore di lavoro, dell’autorizzazione ad utilizzare la propria autovettura, del tragitto effettuato per recarsi dalle aziende agricole, la prova sullo stato di salute pregresso e del giorno del sinistro.

Asserisce l’Istituto che sono assenti tutte le condizioni necessarie a poter integrare il caso di infortunio in itinere indennizzabile ai sensi dell’art. 3 del Regolamento.

Il Tribunale, in primo luogo, rigetta l’eccezione di nullità del ricorso sollevata dall’Inail, invece, nel merito ritiene la domanda fondata.

Ai fini della sussistenza di infortunio in itinere devono sussistere: 1) l’occasione di lavoro, 2) l’assenza di rischio elettivo o di colpa grave.

Le prove testimoniali hanno dimostrato che il deceduto, svolgeva l’attività di veterinario e il giorno 26 maggio 2016 si trovava alla guida del proprio mezzo privato, in orario di lavoro, diretto verso le aziende agricole vicine tra loro, per effettuare le visite programmate per l’inseminazione artificiale degli animali.

Aggiungasi che l’utilizzo della vettura privata era stato autorizzato dal datore di lavoro e che non risulta ravvisabile un rischio elettivo o colpa grave imputabile al lavoratore deceduto.

L’Istituto non ha provato che siano state violate le norme del codice della strada, o che siano state poste in essere scelte arbitrarie alle normali modalità lavorative per finalità personali, che possano avere determinato un limite alla copertura assicurativa, come ad esempio una eventuale interruzione o deviazione indipendente dal lavoro, o non necessitata.

Ergo, il lavoratore è rimasto vittima del sinistro stradale in occasione dello svolgimento del suo lavoro di veterinario in quanto si stava recando presso le aziende per delle visite già programmate col proprio mezzo, il cui uso era autorizzato, percorrendo la strada normale e unica per raggiungere le predette aziende, itinerario che si è trovato a percorrere non certo per ragioni personali e comunque durante l’orario di lavoro.

Conseguentemente nessuna causa interruttiva del nesso tra lavoro, rischio ed evento è stata posta in essere.

Dagli accertamenti delle autorità intervenute sul luogo del sinistro risulta che il lavoratore fuoriusciva dalla sede stradale andando ad urtare in successione due colonne di sostegno della barriera stradale e terminando la sua corsa nel terreno adiacente la sede stradale.

La ricorrente, dunque, ha fornito prova della fondatezza della sua pretesa, mentre l’Istituto non ha assolto all’onere probatorio su di lei incombente.

Poiché si tratta di infortunio in itinere, trova applicazione il Regolamento infortuni che si riferisce ai casi di infortunio sul lavoro avvenuti in occasione della prestazione dell’attività lavorativa, e non invece il Regolamento previdenziale che trova applicazione nei casi in cui l’evento, nel caso di specie la morte, non sia conseguenza diretta ed esclusiva di infortunio.

Quindi, avendo l’Istituto liquidato alla ricorrente la somma di euro 58.127,00 nette a titolo di assegno di morte determinato ai sensi dell’art. 3 del Regolamento del Fondo di Previdenza, pari a 20 mensilità di retribuzione, mantenendo fermo questo riferimento, la somma netta che spetta ancora (in misura pari a dieci volte la retribuzione annuale, come disposto dal art. 11 dello stesso Regolamento), è pari a euro 348.762,00 nette.

Il calcolo è il seguente: dividendo EUR 58.127,00 per 20 mensilità, si ottiene la singola mensilità pari ad EUR 2.906,35 che moltiplicata per 12 mensilità, dà l’annualità pari ad EUR 34.876,20, che moltiplicata per 10 annualità dà l’indennità che doveva essere corrisposta, pari ad EUR 348.762,00 netti.

Da questa somma dovranno essere detratti, appunto, euro 58.127,00 già corrisposti per altro titolo, e quindi la somma ancora da corrispondere è pari a euro 290.635,00 nette, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal dovuto al saldo.

L’Inail viene condannato al pagamento delle spese processuali, liquidate in euro 18.015,00, oltre spese generali e accessori.

In sintesi: Il Giudice del Lavoro, rigetta l’eccezione di nullità del ricorso, accoglie la domanda proposta dalla ricorrente e condanna l’Inail al pagamento, a titolo di indennità prevista alla lettera c) dell’art. 7, per il caso di morte dell’assicurato in conseguenza dell’infortunio, della somma complessiva di euro 290.635,00, maggiorata dagli interessi legali decorrenti dal dovuto e sino al saldo effettivo, e dalla rivalutazione monetaria; condanna parte l’Istituto al pagamento delle spese processuali liquidate in euro 18.015,00.

Avv. Emanuela Foligno

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