Un solo episodio di percosse o di violenza contro il coniuge è sufficiente a fondare la pronuncia di addebito della separazione, trattandosi di comportamento idoneo a sconvolgere definitivamente l’equilibrio relazionale della coppia, poiché lesivo della dignità di ogni persona

La vicenda

Con ricorso depositato presso il Tribunale di Vicenza l’attrice aveva chiesto la pronuncia di addebito della separazione a carico del marito, l’assegnazione della casa coniugale e l’obbligo per il marito di versare in suo favore un assegno mensile di 250,00 euro a titolo di concorso per il suo mantenimento.

Le parti erano spostate dal 1991 e dal matrimonio erano nati due figli, ormai maggiorenni ed economicamente autosufficienti; la convivenza era divenuta intollerabile a causa del comportamento violento del marito, tant’è che in sede penale era stato già disposto l’allontanamento della casa familiare a suo carico.

All’esito dell’istruttoria, l’adito Tribunale ha pronunciato la separazione giudiziale tra le parti, ricorrendo tutti i presupposti previsti dall’art. 151 cod. civ.

Quanto alla domanda di addebito richiesta dalla ricorrente, è stato richiamato il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui la dichiarazione di addebito implica la prova che la irreversibile crisi coniugale sia ricollegabile esclusivamente al comportamento volontariamente e consapevolmente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio di uno o di entrambi i coniugi, ovverossia che sussista un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati ed il determinarsi dell’intollerabilità della ulteriore convivenza (Cass. 27/06/2006 n.14840).

Nella specie, si è detto che le reiterate violenze fisiche e morali, inflitte da un coniuge all’altro, costituiscono violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti la intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all’autore di esse, e da esonerare il giudice del merito, che abbia accertato siffatti comportamenti, dal dovere di comparare con essi, ai fini dell’adozione delle relative pronunce, il comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, trattandosi di atti che, in ragione della loro estrema gravità, sono comparabili solo con comportamenti omogenei (cfr. Cass. 07/04/2005 n.7321).

La violenza come causa di addebito della separazione

In particolare è stato affermato che, ove i fatti accertati a carico di un coniuge costituiscano violazione di norme di condotta imperative ed inderogabili – traducendosi nell’aggressione a beni e diritti fondamentali della persona, quali l’incolumità e l’integrità fisica, morale e sociale dell’altro coniuge, ed oltrepassando quella soglia minima di solidarietà e di rispetto comunque necessaria e doverosa per la personalità del partner – essi sono insuscettibili di essere giustificati come ritorsione e reazione al comportamento di quest’ultimo e si sottraggono anche alla comparazione con tale comportamento, la quale non può costituire un mezzo per escludere l’addebitabilità nei confronti del coniuge che quei fatti ha posto in essere (Cass. 14/04/2011 n. 8548).

Sulla base di questo indirizzo è stato anche chiarito che la pronuncia di addebito richiesta da un coniuge per le violenze perpetrate dall’altro non è esclusa qualora risulti provato un unico episodio di percosse, trattandosi di comportamento idoneo comunque a sconvolgere definitivamente l’equilibrio relazionale della coppia, poiché lesivo della pari dignità di ogni persona (cfr. Cass. 14/01/2011 n. 817).

La decisione

Ebbene, nel caso in esame era emerso che il matrimonio fosse fallito proprio a causa del comportamento violento del marito nei confronti della moglie ed in particolare a causa di un episodio di violenta aggressione, cui aveva fatto seguito la denuncia allo sportello del Centro Anti Violenza locale  e la condanna pronunciata dal GIP di Vicenza ad un anno e 4 mesi di reclusione per violazione dell’art. 572 c.p. a carico dell’uomo, dopo che la donna aveva riferito di essere stata aggredita ben 38 volte da quest’ultimo nel corso del loro matrimonio.

Per queste ragioni il giudice della separazione ha accolto la domanda di addebito della separazione giudiziale a carico del marito, con conseguente condanna di quest’ultimo a corrisponderle un assegno di mantenimento di 250,00 euro mensili (Tribunale di Vicenza, n. 2330/2019).

Avv. Sabrina Caporale

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