Anomalia della strada e nesso causale con il sinistro (Cassazione civile, sez. III, 26/04/2023, n.10978).

Un motociclista perdeva la vita in un sinistro stradale, allorquando, mentre tentava un sorpasso si accorgeva che lo stesso non era praticabile poichè dalla corsia opposta sopraggiungeva un autoarticolato, frenava per rinunciare al sorpasso, ma cadeva e urtava contro il parafango del camion, decedendo.

Gli eredi citavano a giudizio sia l’ANAS che l’assicurazione garante per il FGVS: la prima in ragione del fatto che era emerso che nel punto in cui il motociclista cadeva vi era una anomalia della strada, dovuta alle pessime condizioni del giunto, così che tale anomalia era assunta dagli attori quale concausa dell’incidente; la seconda in quanto sarebbe emerso che dietro all’autocarro circolava un veicolo non identificato che avrebbe avuto una certa parte nel causare l’incidente, veicolo rimasto ignoto.

Il Tribunale accoglieva la domanda, accertando che il sinistro si verificava sia per l’imprudenza dello stesso motociclista, che aveva inciso al 60%, sia per un difetto del manto stradale, che invece aveva inciso per il rimanente 40%; escludendo la presenza di  un veicolo non identificato.

Contro questa decisione proponevano appello incidentale gli eredi, per contestare la percentuale di responsabilità attribuita alla vittima nonché l’ammontare del risarcimento riconosciuto in primo grado, liquidato in euro 160.000,00 . Proponevano, altresì, ricorso incidentale Anas, al fine di far riconoscere, per contro, la responsabilità esclusiva della vittima. La Corte di Appello di Torino accoglieva l’appello incidentale dell’Anas, rigettava quello principale, ritenendo la esclusiva responsabilità del motociclista deceduto, disponendo la restituzione delle somme incassate per effetto della sentenza di primo grado.

Gli eredi della vittima impugnano la decisione in Cassazione lamentando la violazione degli artt.  2051 e 2697 c.c., oltre che dell’art. 1227 c.c.. Secondo i ricorrenti, si discuteva, nel giudizio di merito, sul ruolo della cosa, ossia del difetto di manutenzione della strada, quale concausa del danno: difatti l’indagine peritale accertava che l’incidente avveniva, prevalentemente, a causa della anomalia della strada.

La Corte di Appello ha ritenuto non provato che le condizioni del manto stradale abbiano concorso a causare il danno, nello specifico ha ritenuto non certo, né altamente probabile, che la strada avesse contributo al danno. La ricorrente ritiene che, nel compiere questo accertamento, la Corte di Appello abbia violato il criterio secondo cui il nesso di causa deve ritenersi accertato quando la tesi a suo favore è più probabile di quella contraria (“più probabile che non”).

Le censure sono fondate. Il nesso di causa risulta provato quando la tesi a favore (del fatto che un evento sia causa di un altro) è più probabile di quella contraria (che quell’evento non sia causa dell’altro): il che si esprime con la formula del “più probabile che non”.

Nel caso in cui si tratta di verificare se la cosa ha contribuito causalmente all’evento insieme ad altre concause,  si devono applicare i criteri della “probabilità prevalente” e del “più probabile che non”; pertanto, il Giudice di merito è tenuto, dapprima, a eliminare, dal novero delle ipotesi valutabili, quelle meno probabili, poi ad analizzare le rimanenti ipotesi ritenute più probabili e, infine, a scegliere tra esse quella che abbia ricevuto, secondo un ragionamento di tipo inferenziale, il maggior grado di conferma dagli elementi di fatto aventi la consistenza di indizi, assumendo così la veste di probabilità prevalente.

Con la conseguenza che il Giudice di merito deve porre a base della decisione fatti che siano gravi, precisi e concordanti, e non meramente ipotetici o supposti come probabili, e da quei fatti deve indurre ipotesi ricostruttive del nesso di causa escludendo quelle meno probabili, e scegliendo, tra quelle rimaste, l’ipotesi che spiega il fatto con maggiore probabilità, sulla base degli indizi raccolti.

Ergo, specificano gli Ermellini, non serve né la certezza, né una elevata probabilità, come assunto dalla Corte di merito, bensì una valutazione delle ipotesi alternative e la scelta di quella più probabile, anche se di poco, rispetto alle altre, che non necessariamente si ponga come di elevata probabilità.

Conclusivamente, il ricorso viene accolto in questi termini.

Avv. Emanuela Foligno

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