Caduta nello spogliatoio della palestra (Tribunale Pisa, 02/05/2023, n.631).

Dirimente la pericolosità del pavimento in un caso di caduta nello spogliatoio della palestra.

Viene convenuta a giudizio la Società titolare della palestra per vederne accertata la responsabilità ex art. 2051 c.c., in relazione alle lesioni riportate a seguito di una caduta nello spogliatoio della struttura a causa del pavimento bagnato.

La danneggiata deduce che dopo avere frequentato il corso di acquagym si recava a fare la doccia e dopo avere terminato cadeva sul pavimento bagnato dello spogliatoio riportando immediatamente un forte dolore lombare e al polso destro.

Secondo la tesi della donna, la caduta sarebbe da ascriversi alle pessime e non idonee condizioni dello spogliatoio e della zona docce al momento dei fatti di causa.

Per contro, la palestra, costituendosi in giudizio invoca la esclusiva responsabilità della stessa danneggiata nella causazione dell’evento ai sensi dell’art. 1227 c.c.

Il Tribunale, preliminarmente, dando atto che il luogo del sinistro ricade nella custodia della società convenuta, passa al vaglio l’orientamento di giurisprudenza inerente la responsabilità oggettiva in parola.

In tal senso è sufficiente che il danneggiato dimostri il nesso di causalità tra la cosa in custodia e il danno, mentre al custode spetta l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, inteso come fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico tra cosa e danno, ed è comprensivo della condotta incauta della vittima.

Il rapporto di custodia, posto a fondamento della norma di cui all’art. 2051 c.c., si configura come una “relazione di fatto tra un soggetto e la cosa”, tale da consentirne “il potere di governo” (da intendersi come potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa”.

Ciò posto, la caduta è stata causata dalla presenza di estesi ristagni d’acqua sul pavimento dello spogliatoio, verosimilmente dovuti alla presenza del vano docce e all’andirivieni degli utenti.

Sul punto sono state ritenute esaurienti le dichiarazioni dei tre testimoni, i quali, pur non avendo assistito direttamente alla caduta, erano comunque presenti in loco e hanno visto l’attrice a terra, con indosso l’accappatoio, nei pressi della panca posta in prossimità degli asciugacapelli. A terra non vi erano tappetini antiscivolo, il pavimento era sicuramente bagnato considerata la presenza delle docce.

Ne deriva l’obiettiva pericolosità dello stato dei luoghi, anche considerando che lo spogliatoio era privo di finestre o altri sbocchi che permettessero il ricambio d’aria e la fuoriuscita dei vapori; oltre a ciò dalla fase istruttoria è emerso che la pulizia dello spogliatoio, e quindi l’asciugatura del pavimento, avveniva solo due volte al giorno.

Di talchè non risulta raggiunta, da parte della società convenuta, la dimostrazione dell’imprevedibilità e inevitabilità dell’evento dannoso, secondo lo sforzo di diligenza esigibile in base alle circostanze del caso concreto.

Tuttavia, l’evento dannoso è avvenuto in un luogo ben conosciuto dalla danneggiata e dunque la stessa poteva, e doveva, essere a conoscenza della pericolosità degli spogliatoi e della ricorrente presenza di acqua sui pavimenti. Tale circostanza, rileva ai sensi del primo comma dell’art. 1227 c.c. e induce a ritenere un concorso di colpa che viene stimato nella misura di ½.

Il danno biologico permanente accertato in capo alla danneggiata è pari al 5%, oltre invalidità assoluta e temporanea.

Sulla somma complessivamente dovuta a titolo di danno non patrimoniale, viene applicata la decurtazione della metà, in ragione del concorso colposo della vittima.

Avv. Emanuela Foligno

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