Secondo la Corte di Cassazione è da ritenere inammissibile il ricorso presentato dall’oncologo. La signora aveva un angioma che fu scambiato per carcinoma. 

Una vicenda che ha dell’incredibile quella che ha coinvolto una donna deceduta nel 2008 per essere stata sottoposta a chemio per un cancro inesistente. La Corte di Cassazione ha emesso la condanna definitiva nei confronti dell’oncologo – all’epoca in forze presso l’ospedale “Sambiasi” di Nardò – che la ebbe in cura.

Il medico scambiò un semplice angioma per un carcinoma.

La vicenda

Il caso riguarda una donna di Guagnano, in provincia di Lecce, deceduta a causa della intensa chemioterapia cui venne sottoposta per un cancro inesistente.

B. P. è deceduta nel giugno del 2008 a soli 59 anni. Inizialmente, oltre all’oncologo che scambiò un angioma per un carcinoma, erano finiti imputati altri tre medici, poi assolti perché ritenuti estranei alla vicenda.

L’errata diagnosi che condusse alla morte la donna arrivò nel 2004: per l’oncologo la signora era affetta da un cancro al fegato, senza però analisi approfondite.

A quel punto, fu sottoposta a chemioterapia fino al 2007. Solo nell’aprile di quell’anno, un altro medico, eseguendo una nuova Tac, si accorse che quello ritenuto un carcinoma era un tumore benigno.

Purtroppo, però, era già troppo tardi. Alla donna, cui inizialmente fu trovato un cancro inesistente, fu diagnosticata una “citopenia del sangue periferico”. La patologia sarebbe stata causata proprio dalla chemio, stando anche a quanto evidenziato dalle perizie.

A quel punto, la signora fu sottoposta anche a un trapianto del midollo, come ultimo, disperato e inutile tentativo di salvarla. Ma invano.

L’oncologo è stato condannato in primo grado nel luglio del 2015. Il professionista è stato ora condannato anche in appello a due anni, con pena sospesa, per omicidio colposo. I giudici della quarta sezione della Corte di cassazione hanno infatti ritenuto inammissibile il ricorso presentato per conto del medico dal suo avvocato, Giuseppe Bonsegna.

Nel processo si erano costituiti come parti civili i parenti stretti della donna, rappresentati dagli avvocati Rocco Vincenti e Stefano Prontera.

 

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