Se il giudice vuole discostarsi dalle conclusioni del CTU deve motivare, specificare le ragioni e indicare gli elementi probatori

“Il giudice può anche disattendere le risultanze della disposta CTU percipiente, ma solo motivando in ordine agli elementi di valutazione adottati e agli elementi probatori utilizzati per addivenire all’assunta decisione, specificando le ragioni per cui ha ritenuto di discostarsi dalle conclusioni del CTU”, in tali termini si è espressa la Suprema Corte di Cassazione (Cass. Civ., Ordinanza n. 20/2021 del 11 gennaio 2021).

In primo grado il Tribunale accoglieva la domanda di risarcimento svolta nei confronti dell’azienda ospedaliera per i danni sofferti all’esito dell’erronea valutazione dei sintomi e della omessa o ritardata diagnosi di un aneurisma cerebrale da parte dei sanitari del pronto soccorso, da cui l’attore veniva dimesso senza essere sottoposto ad approfondimenti diagnostici né mantenuto in osservazione, venendo poi, il mattino seguente, ricoverato d’urgenza presso il centro di rianimazione dove gli veniva effettuata una tac al cranio che evidenziava “’estesa raccolta emorragica delimitata da una zona di ipodensità da fatti edematosi”.

Il Giudice di secondo grado, invece, riformava la decisione di prime cure e respingeva la domanda motivando che la prestazione medica lamentata fosse di particolare difficoltà.

Il paziente impugna in Cassazione articolando:

1) il fatto che la Corte d’Appello avesse introdotto d’ufficio il rilievo che la prestazione medica comportasse la risoluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, senza provocare il contraddittorio delle parti sul punto;

2) la circostanza che la Corte d’Appello si sia discostata dalle risultanze della CTU senza sufficienti motivazioni, e scadendo così nel vizio di motivazione apparente.

Gli Ermellini ritengono il ricorso fondato.

E’ principio pacifico che il rilievo della questione concernente la necessità della soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà possa essere dal Giudice compiuto d’ufficio, sulla base delle risultanze istruttorie acquisite, non costituendo oggetto di una eccezione in senso stretto, ma, dall’altro, come il rispetto del contraddittorio e del diritto di difesa costituiscono un principio immanente dell’ordinamento.

Tale principio, secondo la Suprema Corte, è stato disatteso dalla Corte territoriale la quale, trattandosi di questione non prospettata né discussa nel giudizio di primo grado, ha ritenuto di provvedervi d’ufficio senza invitare le parti ad argomentare al riguardo, giungendo poi ad escludere la colpa grave dei Sanitari del pronto soccorso e conseguentemente a respingere la richiesta risarcitoria.

“Il Giudice di merito, quando non ha le cognizioni tecnico-scientifiche necessarie ed idonee a ricostruire e comprendere il caso concreto nella sua meccanicistica determinazione ed evoluzione, pur essendo peritus peritorum deve fare ricorso a una consulenza tecnica di tipo percipiente, quale fonte oggettiva di prova, e sulla base delle cui risultanze è tenuto a dare atto dei risultati conseguiti o non conseguiti/conseguibili, ma in ogni caso argomentando su basi tecnico-scientifiche e logiche (Cass. 2670272013 n. 4792, Cass. 13/03/2009 n. 6155, Cass. 19/01/2006 n. 1020).”

Ciò posto, la Corte chiarisce che il Giudice di merito può disattendere le risultanze della CTU percipiente, ma deve motivare in ordine agli elementi di valutazione adottati nonché gli elementi probatori utilizzati per la decisione, specificando altresì le ragioni per cui abbia ritenuto di discostarsi dalle conclusioni del CTU.

La Corte d’Appello è pervenuta a conclusioni opposte rispetto a quelle raggiunte in primo grado in maniera generica, basandosi su atti di parte diversi dalla CTU, senza esplicitare l’iter logico-giuridico seguito e omettendo di spiegare quali ragioni l’abbiano indotta a discostarsi della relazione tecnica.

In conclusione, la Suprema Corte accoglie il ricorso.

La decisione qui commentata è allineata al recente precedente n. 28073/2020 del 9 dicembre 2020.

Avv. Emanuela Foligno

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