Ove la “destinazione oggettiva” del bene/impianto non sia funzionalizzata a fornire utilità a tutte le unità immobiliari comprese nel Condominio, ma solo ad alcune di esse, si costituisce per legge il cd. “condominio parziale”

La vicenda

Con atto di citazione i proprietari di locali negozio-botteghe facenti parte del condominio avevano chiesto l’annullamento della delibera assembleare nella parte in cui, al punto 1 all’ordine del giorno – relativo alla “costituzione Fondo Spesa per lavori copertura del fabbricato per un costo totale di circa 350.000,00 euro” – aveva deliberato “a maggioranza con il voto contrario dei due condomini”, la costituzione del predetto fondo, disponendo altresì che la spesa sarebbe stata ripartita con la Tabella di Manutenzione e Servizi che comprendeva sia gli appartamenti sia i negozi.. e stabilendo che l’amministratore di condominio sarebbe stato autorizzato ad emettere le rate per la costituzione del Fondo ed a riscuotere dette quote.

I due ricorrenti avevano evidenziato che le spese per la manutenzione del bene comune costituito dal terrazzo condominiale non avrebbero dovuto gravare sui proprietari delle botteghe ma esclusivamente sui proprietari degli appartamenti e in ogni caso, tali delibere erano state assunte in violazione dei criteri regolamentari di ripartizione delle spese comuni condominiali essendo state adottate con maggioranza inferiore a quella normativamente prescritta. Trattandosi, infatti, della costituzione di un fondo speciale per opere di manutenzione straordinaria ai sensi dell’art 1135 n.4 c.c., sarebbe stata necessaria la maggioranza prescritta dall’art 1136 comma 2 cod. civ., ovvero un numero di voti che rappresentasse la maggioranza degli intervenuti ed almeno la metà del valore dell’edificio.

Il cd. condominio parziale

La giurisprudenza ha da tempo affermato (Cass. 7077/1995) che per, le spese attinenti alle parti comuni dell’edificio, il criterio di ripartizione previsto dall’art. 1123 c. civ. è complesso e si articola su due principi: quello del valore della quota, previsto dal 1 c. dell’art. 1123 c. civ., relativamente alle spese sulla cosa comune, che sia destinata a servire ugualmente ed indistintamente tutti i condomini e quello dell’uso previsto dal 2 c. della stessa norma relativamente a spese su cosa comune che sia destinata a servire i condomini in maniera diversa. Sulla base di tale secondo principio, quindi, l’obbligo di contribuire alle spese si fonda sull’utilità che ad ogni singola proprietà esclusiva può derivare dalla cosa comune con la conseguenza che, ove la cosa comune oggetto dell’intervento non possa in alcun modo servire ad uno o più condomini, non sussiste il loro obbligo a contribuire alle spese relative.

E poi da considerare che il co. 3° dell’art. 1123 c.c. consente di affermare che, ove la “destinazione oggettiva” del bene/impianto non sia funzionalizzata a fornire utilità a tutte le unità immobiliari comprese nel Condominio, ma solo ad alcune di esse (Cassazione n. 1680/2015, n. 23851/2010, n. 14558/2004, n. 8136/2004), si costituisce per legge il cd. “condominio parziale”, fenomeno per cui il Condominio, pur manifestandosi nella sua completezza di effetti previsti dal codice, non va riferito a tutte le porzioni di piano facenti parte del fabbricato, ma solo ad una loro parte.

Dalle situazioni di cosiddetto “Condominio parziale” derivano rilevanti implicazioni inerenti non solo l’imputazione delle spese, ma anche il diritto di voto, in ossequio al fondamentale principio per cui la gestione e gli oneri relativi devono rispettivamente far capo e gravare sugli stessi soggetti.

La Suprema Corte ha infatti, precisato che “non sussiste il diritto di partecipare all’assemblea relativamente alle cose, ai servizi, agli impianti, da parte di coloro che non ne hanno la titolarità, ragion per cui la composizione del collegio e delle maggioranze si modificano in relazione alla titolarità delle parti comuni che della delibera formano oggetto” (Cass. sentenza n. 7885/1994).

Secondo la dottrina tale interpretazione ha ricevuto un esplicito riconoscimento dalla c.d. “Riforma del condominio” (L. n. 220/2012), laddove il nuovo testo del penultimo comma dell’articolo 1136 del Codice civile recita che “l’assemblea non può deliberare, se non consta che tutti gli aventi diritto sono stati regolarmente convocati”, mentre il testo precedente parlava di “tutti i condomini”.

Ora, nel caso in esame, non era in contestazione la circostanza che il solaio di copertura fosse a servizio del solo condominio e che dunque, i lavori interessassero unicamente i proprietari delle unità immobiliari ubicate nell’edificio.

Tanto premesso, una volta inquadrata la fattispecie nell’ambito dell’istituto del Condominio parziale, i quorum costitutivi e deliberativi non erano più da calcolare sul totale dei millesimi dell’intero Condominio.

Il rapporto di valore tra le singole unità immobiliari ed il complesso dei locali interessati dalla delibera doveva essere, infatti, determinato utilizzando i coefficienti millesimali previa esecuzione delle operazioni aritmetiche occorrenti per stabilire il nuovo rapporto di proporzione considerando altresì le quote dei soli condomini che traggono utilità dalla spese da ripartire.

Alla luce di tali principi di diritto, il Tribunale di Roma (Quinta Sezione, sentenza n. 6145/2020) ha dichiarato cessata la materia del contendere essendo stata annullata la delibera impugnata con riguardo a tutto ciò con essa deliberato.

Avv. Sabrina Caporale

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