Corpo estraneo post intervento di endodonzia (Cassazione civile, sez. III, dep. 03/01/2023, n.44).

Corpo estraneo al di fuori dell’apice radicolare post intervento di endodonzia.

La paziente, – premesso che aveva intrapreso una causa di responsabilità professionale nei confronti del proprio Dentista; che questa causa era stata da lei vinta in primo grado, essendo stato accertato, in base alla documentazione sanitaria prodotta in giudizio, l’inesatto adempimento del professionista, il quale, dopo averla sottoposta ad un intervento per endodonzia, le aveva lasciato un corpo estraneo della lunghezza di due o tre millimetri al di fuori dell’apice radicolare, provocandole forte e persistente dolore; che la domanda risarcitoria era stata rigettata in appello, per causa imputabile al suo difensore, che aveva omesso di depositare la documentazione sanitaria già contenuta nel fascicolo del grado precedente – citava in giudizio l’Avvocato dinanzi al Giudice di Pace di Catanzaro, chiedendone la condanna al risarcimento del danno conseguente all’inadempimento del mandato professionale.

La sentenza di accoglimento della domanda, pronunciata dal Giudice di Pace, fu integralmente riformata dal Tribunale di Catanzaro, che, con sentenza 12 febbraio 2019, n. 257, accoglieva l’appello proposto dall’Avvocato.

Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione la paziente sulla base di un unico motivo, con cui censura che il Tribunale non avesse considerato le ragioni del rigetto della domanda nel precedente giudizio di responsabilità medica, da individuarsi nel mancato deposito della documentazione sanitaria da parte dell’Avvocato.

Con ordinanza 23 febbraio 2021, n. 4797, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, sul rilievo che, sebbene l’illustrazione delle doglianze proposte con il relativo motivo fosse fondata su documenti ed atti processuali, tuttavia il contenuto di tali atti e documenti non era stato riprodotto, direttamente o indirettamente, nel ricorso medesimo, né erano state precisamente indicate, nello stesso, la sedes processuale di merito in cui i documenti erano stati prodotti o l’atto processuale si era formato, nonché la sedes in cui l’atto processuale e i documenti sarebbero stati esaminabili nell’ambito del giudizio di legittimità; inoltre, come già affermato dal giudice di appello, e non censurato da parte ricorrente, non era stato spiegato perché i documenti non depositati avrebbero condotto ad un esito positivo della causa.

Avverso questa ordinanza, la paziente ha proposto ricorso per revocazione che, tuttavia, viene dichiarato inammissibile per difetto della specialità della procura alle liti.

Il requisito della procura speciale per la Cassazione è condizione per la proposizione del ricorso per cassazione ed è integrato, sia che la procura venga rilasciata su foglio separato, ma materialmente congiunto all’atto, sia che venga conferita a margine o in calce allo stesso, anche in mancanza di espresso riferimento al provvedimento da impugnare o al giudizio da promuovere, purché dalla procura non risulti, in modo assolutamente evidente, la non riferibilità al giudizio di cassazione (Cass., Sez. Un., 09.12.2022, n. 36057).

Nel caso di specie, la procura a corredo del ricorso fa riferimento “al ricorso per cassazione promosso avverso la sentenza n. 257/2019 del Tribunale Ordinario di Catanzaro”, e non avverso l’Ordinanza.

Ciò posto, gli Ermellini ricordano i presupposti per la revocazione della sentenza per errore di fatto:

a) l’errore (c.d. di percezione) non deve consistere in un errore di giudizio ma in un errore di fatto (svista percettiva immediatamente percettibile) che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto che risulti incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa; esso postula l’esistenza di un contrasto – risultante con immediatezza ed obiettività senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive – fra due rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza impugnata e l’altra dagli atti processuali (Cass., Sez. Un., 27/11/2019, n. 31032; Cass. 11/01/2018, n. 442; Cass. 29/10/2010, n. 22171);

b) il fatto incontrastabilmente escluso di cui erroneamente viene supposta l’esistenza (o quello positivamente accertato di cui erroneamente viene supposta l’inesistenza) non deve aver costituito oggetto di discussione nel processo e non deve quindi riguardare un punto controverso sul quale la sentenza si sia pronunciata; ove su un fatto siano emerse posizioni contrapposte tra le parti che abbiano dato luogo ad una discussione in corso di causa, la pronuncia del giudice non si configura, infatti, come mera svista percettiva, ma assume necessariamente natura valutativa delle risultanze processuali, sottraendosi come tale al rimedio revocatorio (Cass. 26/01/2022, n. 2236; Cass. 22/10/2019, n. 26890; Cass. 04/04/2019, n. 9527; Cass. 30/10/2018, n. 27622; Cass. 08/06/2018, n. 14929);

c) l’errore deve essere essenziale e decisivo, nel senso che, in mancanza di esso, la decisione sarebbe stata di segno opposto a quella in concreto adottata (Cass. 10/06/2021, n. 16439; Cass. 29/03/2016, n. 6038; Cass. 14/11/2014, n. 24334).

d) in particolare, l’errore di fatto idoneo a legittimare la revocazione della sentenza di cassazione, ex art. 391-bis c.p.c. e art. 395 c.p.c., n. 4, deve riguardare gli atti interni al giudizio di legittimità, che la Corte può esaminare direttamente, con propria indagine di fatto, nell’ambito dei motivi di ricorso e delle questioni rilevabili d’ufficio, e deve avere carattere autonomo, nel senso di incidere esclusivamente sulla sentenza di legittimità; diversamente, ove l’errore sia stato causa determinante della sentenza di merito, in relazione ad atti o documenti che sono stati o avrebbero dovuto essere esaminati in quella sede, il vizio della sentenza deve essere fatto valere con gli ordinari mezzi di impugnazione (Cass. 22/10/2018, n. 26643; Cass.18/02/2014, n. 3820).

Nel ricorso in esame non vengono formulati espressi e specifici motivi con i quali si argomenti la sussistenza, nell’ordinanza n. 4797 del 2021 Corte Cass., di un errore di fatto, rientrante nel paradigma di cui all’art. 391 bis c.p.c. e art. 395 c.p.c., n. 4.

Confermata, pertanto, l’Ordinanza impugnata e il ricorso viene dichiarato inammissibile.

Avv. Emanuela Foligno

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