Riconosciuto il danno non patrimoniale, inerente la sfera emotiva e psicologica, alla figlia a causa dell’abbandono genitoriale (Cass. Civ., Ordinanza n. 40335 del 16 dicembre 2021)

La Suprema Corte rammenta che l’abbandono genitoriale di un figlio integra un illecito permanente: il danno si verifica, pertanto, in ogni momento della crescita del figlio, fino all’indipendenza psicologica, convenzionalmente coincidente con l’indipendenza economica.

La particolarità della decisione a commento riguarda anche l’aspetto della prescrizione del diritto al risarcimento, considerata l’età della danneggiata. Sul punto, gli Ermellini sanciscono che il danno in parola non si prescrive in quanto scaturente da illecito permanente.

L’abbandono genitoriale è un illecito permanente perché coinvolge la sfera emotiva e psicologica della persona offesa la quale, proprio a causa dell’abbandono del genitore, vede pregiudicata la propria formazione, soprattutto se l’abbandono avviene fin dalla nascita.

L’illecito, precisa la Corte, “si realizza infatti momento per momento fino a quando il dolore viene elaborato e la figlia abbandonata raggiunge una sua indipendenza psicologica, che convenzionalmente viene fatta coincidere con quella economica e ritiene di avere diritto al ristoro per il danno subito”.

La danneggiata si rivolge al Tribunale, che accoglie in parte la domanda avanzata nei confronti del padre naturale, riconoscendo in suo favore il risarcimento di € 40.997,50 per i danni esistenziali e patrimoniali patiti a causa dell’abbandono da parte del genitore.

La decisione viene impugnata in appello dalla donna che lamenta la mancata applicazione delle Tabelle milanesi per la liquidazione del danno non patrimoniale che, qualora applicate, avrebbero condotto a una liquidazione di € 164.000,00.

La Corte territoriale accoglie parzialmente il gravame riconoscendo la somma di € 61.497,50 e precisa: “ritenendo ampiamente provato il disinteresse del padre, il danno da deprivazione della figura genitoriale è frutto di un illecito permanente che si verifica “momento per momento, fino al maturare di un termine fissato ed individuabile non nel raggiungimento della maggiore età, ma nel raggiungimento della indipendenza psicologica del figlio che per convenzione viene fatta coincidere con il conseguimento dell’indipendenza economica.”

Il padre ricorre in Cassazione.

Con il primo motivo lamenta la violazione dell’art. 2947 c.c. che contempla la prescrizione del diritto al risarcimento, ritenendo che la figlia avrebbe dovuto esperire l’azione entro e non oltre il 14.12.2005 ossia dopo il raggiungimento della maggiore età, mentre in questo caso la domanda è stata notificata solo nel gennaio del 2009. Solo con la maggiore età infatti, per il padre, si acquista la piena capacità di agire. In ogni caso non è stato dimostrato che la stessa abbia avuto in passato problemi d’inserimento sociale o disturbi gravi di natura psicologica.

Con il secondo motivo ritiene che la decisione violi altresì l’art 2043 c.c. che prevede il risarcimento conseguente all’illecito aquiliano o extracontrattuale, non avendo la Corte accertato la presenza dei necessari presupposti in grado d’integrare questa fattispecie. L’abbandono, sempre secondo il ricorrente, non ha danneggiato psicologicamente la ragazza, che si è diplomata, ha superato l’esame di ammissione all’Università, facoltà di Medicina, e vive in maniera autonomia. Sottolinea, inoltre, che dalla perizia medico-legale di parte non emergono disturbi psichici della ragazza riconducibili alla sua condotta.

Gli Ermellini ritengono il primo motivo infondato, e il secondo non meritevole di accoglimento.

L’illecito endofamiliare relativo al protratto abbandono del minore si caratterizza per il fatto che la capacità di percezione del danno da parte del (figlio) danneggiato assume un particolare rilievo, ma anche perché il danno psicologico esistenziale investe la formazione dell’intera personalità, condizionando le capacità di difesa e di comprensione del minore.

Tale danno non patrimoniale, proprio per il coinvolgimento emotivo e psicologico che comporta, richiede il raggiungimento, da parte della persona offesa, di una certa maturità, capacità di elaborazione e accettazione della condotta illecita genitoriale.

Conseguentemente, la natura dell’illecito incide sul dies a quo della prescrizione, che coincide con l’indipendenza psicologica, che per convenzione viene fatta coincidere con quella economica.

Per tali ragioni risulta corretta la decisione della Corte di Appello, che ha escluso l’estinzione del diritto alla pretesa risarcitoria, proprio in ragione delle suddette condizioni.

Anche il secondo motivo viene respinto in quanto già formulato in appello e ivi respinto, non potendosi in sede di legittimità rivalutare il merito e non risultando l’indicazione dell’errore di diritto che avrebbe compiuto la Corte territoriale.

L’uomo, in sintesi, lamentava la valutazione delle prove da parte dei Giudici di merito, laddove -a suo dire- risulterebbe che non vi è stato disinteresse nei confronti figlia, che non ha coltivato il rapporto per gli eccessivi impegni di lavoro e per le condizioni di salute.

Il ricorso viene integralmente respinto.

Avv. Emanuela Foligno

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