Danno riflesso dei congiunti in relazione alla lesione alla salute del familiare.

Quale tabella applicare in caso di danno riflesso dei congiunti della vittima sopravvissuta (Cass. Civ., sez. III, 17 maggio 2023, n. 13540).

La pronunzia qui a commento ha riconosciuto la necessità di ricorrere, ai fini della misurazione del danno dei congiunti per la lesione alla salute del familiare, a una tabella che preveda idonee modalità di quantificazione del danno: metodo, questo, adottato fin dal 2019 dal tribunale di Roma, e non contemplato dal Tribunale di Milano.

Sino alla fine degli anni ‘90, non veniva riconosciuto alcun danno ai congiunti della vittima in considerazione del diverso atteggiarsi del rapporto di causalità, che si considerava diretto in caso di decesso del congiunto e, invece, indiretto nell’ipotesi di lesioni non mortali. Successivamente, invece la giurisprudenza ha dato peso alla necessità di proteggere i congiunti della vittima anche in caso di gravi lesioni alla salute.

A fare da spartiacque, come si ricorderà, furono le SS.UU. del 2002 (9556/2002). Rimane, tuttavia, il problema della quantificazione del danno riflesso ai congiunti.

Le Tabelle sono state elaborate per il danno non patrimoniale correlato alla morte del congiunto, e prevedono, nel contempo, una generica possibilità di adeguamento per liquidare il pregiudizio patito dai congiunti della vittima sopravvissuta.

Nelle Tabelle milanesi è rappresentato il riferimento da utilizzare anche per la liquidazione del danno dei congiunti della vittima.  A tal fine, sono stati svolti alcuni adattamenti finalizzati a ristorare l’effettiva incidenza della compromissione della salute del familiare, a senza il vincolo di una prestabilita soglia di gravità della lesione alla salute sul rapporto familiare. I valori previsti da questa “forbice” sono stati tabellati esclusivamente con riguardo al tetto massimo della liquidazione, non essendo possibile ipotizzare – a fronte delle molteplici variabili dei casi concreti – un danno base.

Invece, una autonoma tabellazione del pregiudizio dei congiunti della vittima è stata formulata dal tribunale di Roma. Il valore del punto (determinato in euro 6000), comprende il profilo morale del pregiudizio (per un importo di euro 3000) e quello dinamico-relazionale (il cui valore varia tra i 2000 e i 3000 euro, in funzione della presenza o meno di altro riscontro monetario riconosciuto per l’assistenza del congiunto). Ai fini dell’attribuzione dei punti si fa riferimento:

a) alla relazione di parentela con il danneggiato;

b) al numero di familiari, all’età della vittima ed all’età del congiunto;

c) alla percentuale di invalidità riconosciuta al danneggiato.

Sulla mancata tabellazione del danno riflesso in parola

L’Osservatorio milanese, sulla mancata adozione di una specifica misurazione per il pregiudizio dei familiari della vittima sopravvissuta, ha motivato che “per ora non è stato raccolto un campione significativo di sentenze utile a costruire una tabella fondata sul monitoraggio”.

Ad ogni modo, il sistema delle Tabelle romane ha suscitato numerose perplessità, a partire dalla locuzione “danno riflesso”. La Suprema Corte ha sottolineato che identificare i pregiudizi di cui si discute quali danni riflessi significa far capo a un’etichetta superata, poichè “si parla spesso impropriamente di danno riflesso, ossia di un danno subito per una lesione inferta non a sé stessi, ma ad altri. In realtà, il danno subito dai congiunti è diretto, non riflesso, ossia è la diretta conseguenza della lesione inferta al parente prossimo, la quale rileva dunque come fatto plurioffensivo, che ha vittime diverse, ma egualmente dirette. Ed anche impropriamente allora, se non per mera esigenza descrittiva, si parla di vittime secondarie” (così Cass. civ. 8 aprile 2020, n. 7748).

Oltre a ciò, il metodo romano è basato su una rigida proporzione del risarcimento con la percentuale di invalidità riconosciuta al familiare.

Ciò non pare corretto in quanto la misura del danno risarcibile alla vittima secondaria è disancorata dal danno biologico subito dalla vittima primaria. Ciò che andrebbe tenuto in considerazione, a parere di chi scrive, è l intensità del legame tra vittime secondarie e vittima primaria, e la qualità dell’alterazione della vita familiare.

Difatti, vi sono lesioni della salute, non di grave entità, che comunque possono significativamente incidere sul rapporto familiare.  Per riflettere la diversa graduazione di tale incidenza negativa sul rapporto familiare, potrebbe essere utile ricorrere a un scala descrittiva, che distingua la lesione del rapporto familiare in lieve – media – grave – gravissima, sempre partendo dal presupposto che tale graduazione non corrisponde all’entità dell’invalidità della vittima.

Avv. Emanuela Foligno

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