Decesso del Medico per Covid (Tribunale Trento, sez. lav., 30/08/2022, n.102).

Decesso del Medico addetto al servizio di continuità assistenziale per polmonite da Covid 19.

L’erede del Medico deceduto, che esercitava la professione di continuità assistenziale in esecuzione di incarico a tempo indeterminato dell’APSS, cita a giudizio la Compagnia di assicurazione onde ottenere la corresponsione della somma di euro 125.000,00 a titolo di indennizzo in caso di morte conseguente a infortunio avvenuto nel biennio precedente.

Il Tribunale evidenzia che il contratto di assicurazione tra l’ENPAM (Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza Medici) e la società di Assicurazione è stato stipulato in esecuzione dell’obbligo scaturente da un negozio espressione di autonomia collettiva, vale a dire dall’art. 72 co. 4 Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i Medici di medicina generale.

Nel contratto di assicurazione stipulato da ENPAM con le società convenute, in ordine alla “copertura dei primi trenta giorni di malattia ed eventuali conseguenze economiche di lungo periodo invalidità permanente e caso morte in conseguenza di infortunio, invalidità permanente da malattia, in favore dei Medici di medicina generale, di assistenza primaria, di continuità assistenziale e dei Medici di emergenza sanitaria territoriale”, alla “Sezione Infortuni”, tra le “condizioni di assicurazione comuni a tutti i settori”, è previsto, all’art. 1, concernente l’ “oggetto dell’assicurazione e somme assicurate”: “L’assicurazione vale per i rischi professionali per gli Assicurati di ambedue i Settori Assicurati. La garanzia Rischi extraprofessionali è prestata unicamente, in favore degli Assicurati del settore di Assistenza Primaria, Continuità Assistenziale ed Emergenza Sanitaria Territoriale. Somma Assicurata:… Caso Morte: € 125.000,00”.

Ciò posto, l’Assicurazione convenuta contesta che il decesso del Medico sia avvenuto per essere stato contratto il virus nell’esercizio dell’ attività professionale.

Dall’attività istruttoria risulta che tra i pazienti visitati (14 visite ambulatoriali, 5 visite domiciliari) un uomo di anni 86, visitato il 14/03/20, è risultato positivo al Covid con tampone effettuato il PS il giorno 15/03/20 e il tampone molecolare effettuato al Medico deceduto in data 18/3/2020 è risultato positivo.

La certezza che il Medico venne a contatto con un paziente affetto da COVID 19 e che a distanza di quattro giorni risultava positivo al medesimo virus costituiscono indizi gravi, precisi e concordanti, del tutto idonei a fondare la presunzione che il contagio sia avvenuto nello svolgimento dell’attività lavorativa di Medico di continuità assistenziale.

Non coglie nel segno quanto sostenuto dall’Assicurazione convenuta : “Secondo la scienza medica il tempo di incubazione del virus prima di manifestare la positività va da circa 5 giorni a un massimo di 14”.

In ogni caso si tratta di questione non decisiva, atteso che il contratto di assicurazione di cui si discute riguarda non solo i “rischi professionali” ma anche i “rischi extraprofessionali”.

Nella “Sezione Infortuni” della polizza, tra le “definizioni particolari relative a tutti i settori”, è ricompresa anche quella di “infortunio”, che consiste nell’ “evento occorso all’assicurato dovuto a causa fortuita, violenta ed esterna, che produca lesioni fisiche obiettivamente constatabili, che abbiano per conseguenza l’effettivo impedimento per l’assicurato a prestare servizio di medicina generale…”.

Pacifico che il contagio per effetto del contatto con il virus Covid 19 costituisca una causa esterna (trovandosi il virus, prima del contatto, al di fuori dell’organismo) e, nel caso di specie, certamente fortuita (non essendovi elementi per poter ritenere che T.G. sia entrata intenzionalmente a contatto con il virus).

Ben più complessa è la valutazione circa la sussistenza nella causa (sicuramente esterna e fortuita) del requisito della violenza.

In argomento, la dottrina medico legale ha considerato un’infezione virale o batterica, sulla cui trasmissione vi sia nozione delle modalità di contagio anche ambientale, ovvero non mediato da energie meccanica, un infortunio a tutti gli effetti, dotato delle caratteristiche della accidentalità, della violenza e dell’esteriorità causali.

Pertanto, non è condivisibile l’orientamento espresso dal Tribunale di Pesaro nella sentenza del 15.6.2021, dove vi è un richiamo al “comune sentire”, secondo cui l”infezione da COVID 19 è una malattia, mentre vengono trascurati i risultati cui è pervenuta la letteratura medico-legale e che la giurisprudenza della Suprema Corte ha recepito.

In definitiva la domanda proposta viene accolta.

Avv. Emanuela Foligno

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