Ecchimosi ascellare post traumatica (Corte Appello Napoli, Sentenza n. 3017/2023 pubblicata il 27/06/2023).

Viene impugnata la decisione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere resa contro l’ASL di Caserta.

La paziente si rivolgeva all’Ospedale di Aversa in quanto si feriva con il ferretto del reggiseno. I sanitari del PS diagnosticavano “ecchimosi ascellare post-traumatica” e praticavano terapia con ghiaccio e somministrazione di 1 fiala di Contramal. Come terapia domiciliare veniva prescritta “applicazione Lasonil gel per 3 volte al giorno, Tachidol bustine per 4 giorni”.

Stante l’aggravarsi delle lesioni la paziente alcuni giorni dopo, si recava presso l’ospedale Cardarelli ove veniva diagnosticata “escara”, ovverosia lesione della pelle da ustione da freddo al braccio destro.

La paziente, presso la suddetta struttura, veniva sottoposta a un primo intervento di  “estarectomia della superficie volare del braccio destro, con copertura IDE prelevati dalla superficie anteriore della coscia sinistra, emostasi accurata, medicazione”.

Dopo alcuni giorni si rendeva necessario altro intervento per la presenza di due piaghe purulente. In esito ai descritti avvenimenti l’attrice presenta una ampia area cicatriziale al braccio destro con ritrazione dei tessuti circostanti che causano una abduzione ridotta del braccio, fino a un massimo di 90 gradi.

Le lesioni patite erano conseguenza di un uso improprio del ghiaccio. Dunque, esse, secondo la tesi attorea,  si dovevano far risalire alla negligenza dei sanitari dell’ospedale  di Aversa, che nulla prescrivevano e/o indiavano riguardo le applicazioni di ghiaccio.

Il Tribunale rigettava la domanda attorea con condanna al pagamento delle spese di lite e di CTU.

Gli appellanti chiedono, in accoglimento del gravame, ed in riforma dell’impugnata sentenza, l’accoglimento della domanda risarcitoria proposta in primo grado, previa declaratoria della responsabilità dei sanitari dell’ospedale civile di Aversa; il tutto, con la vittoria delle spese del doppio grado e con la rinnovazione della CTU medico-legale.

La Corte di appello ritiene che il primo Giudice abbia correttamente aderito alla ricostruzione e alle conclusioni del CTU.                                    

L’attrice riferiva in sede di CTU di avere applicato costantemente il ghiaccio per tutta la notte seguente alle dimissioni dal PS di Aversa, riportando, giust’appunto, il giorno seguente una “ustione da freddo, con residuo in sede sotto-ascellare destra di esito cicatriziale di cm. 10 x 7”.

Il CTU non ravvisa la sussistenza di profili di negligenza od omissione in capo ai sanitari del pronto soccorso. Gli stessi, nel dimettere la paziente, non indicavano sul modulo di dimissioni le modalità e i tempi di applicazione di ghiaccio sulla lesione.

Sul punto, correttamente, si è espresso il CTU: “siamo dinanzi ad una prestazione di routine non a rischio vita, cd. Codice Verde. Pertanto, è prassi comunicare verbalmente – al paziente in buone condizioni generali ed in grado di intendere i suggerimenti dei sanitari – le modalità di utilizzo domiciliare di un presidio terapeutico ad uso esterno…. La signora  in sede di applicazione continuativa del ghiaccio sulla cute, senza dubbio, ad un certo punto, abbia cominciato ad avvertire dolore e bruciore. Dunque, l’interruzione dell’applicazione continuativa del ghiaccio rientrava senz’altro nella sua capacità di discernimento.”

Sebbene il Consulente abbia quantificato l’esito cicatriziale in un danno bilogico permanente del 5%, dinanzi a profili di assenza di responsabilità, nulla è stato liquidato alla paziente.

Il CTP attoreo osserva come sicuramente la paziente  abbia eseguito in modo erroneo la terapia dell’applicazione del ghiaccio secco, prescritta dai sanitari del Pronto Soccorso. Però sottolinea che la genesi dell’errore è riconducibile alla responsabilità dei sanitari che avrebbero dovuto rendere informazioni precise e corrette sulle modalità di applicazione del ghiaccio.

Il CTU controdeduce che i sanitari del Pronto Soccorso non abbiano trascritto, sul referto di dimissioni, le modalità ed i tempi di applicazione del ghiaccio secco da loro fornito alla paziente. Al contempo, però, è certamente da escludersi che essi abbiano riferito alla signora di applicare in modo continuativo per quattro giorni il ghiaccio sulla cute (come invece fatto dalla paziente).

Pertanto, l’esito cicatriziale deriva dall’iniziativa della paziente, in sede di attuazione della prescritta terapia domiciliare – con riferimento all’applicazione del ghiaccio secco – senza che possano ravvisarsi profili di responsabilità a carico dei sanitari.

In altri termini, non vi è comunque prova del nesso eziologico tra la condotta dei sanitari del Pronto Soccorso di Aversa e le patite lesioni. Oltre a ciò, sottolinea la Corte di appello, nella citazione di primo grado, l’attrice riferiva dell’assenza di qualsivoglia indicazione da parte dei sanitari, in ordine alle modalità di applicazione del ghiaccio. Invece il teste attoreo, figlio dell’attrice, in sede di escussione testimoniale riferiva che i sanitari avrebbero verbalmente indicato di tenere continuativamente il ghiaccio applicato.

Ciò è del tutto contraddittorio e non depone per l’attendibilità della prospettazione dei fatti offerti dalla paziente.

Per tutte le ragioni anzidette il gravame viene dichiarato infondato, poiché ancorato sulla esclusiva adesione alle conclusioni del CTP e privo di riferibilità alle ragioni per cui si dovrebbe fornire maggiore attendibilità a quelle, anzichè a quelle rassegnate dal CTU.

Spese di giudizio come da soccombenza.

Avv. Emanuela Foligno

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