Per la Cassazione la condotta adottata integra solamente il reato di ‘indebita percezione ai danni dello Stato’

La condotta di chi omette di comunicare all’Inps la morte di un soggetto, continuando a percepirne la pensione, non integra il reato di truffa, bensì quello di “indebita percezione ai danni dello Stato”, disciplinato dall’articolo 316 ter del codice penale.
Lo ha chiarito con la sentenza n. 48820/2013 la Corte di Cassazione, pronunciandosi sul ricorso presentato da una donna, condannata sia in primo grado che in Appello per non aver comunicato all’Istituto nazionale di previdenza sociale l’avvenuto decesso delle madre e per essersi quindi indebitamente impossessata della relativa pensione.
L’imputata era stata ritenuta colpevole del reato di truffa ai sensi dell’articolo 640 del codice penale, ma aveva presentato ricorso per Cassazione evidenziando come tale fattispecie non poteva ritenersi integrata in quanto non erano stati commessi gli “artifici e raggiri” che configurano l’illecito in questione e, inoltre, non sussisteva alcun obbligo di comunicare all’Inps l’intervenuto decesso del genitore.
I Giudici Ermellini hanno ritenuto fondate le argomentazioni proposte ritenendo quindi di dare ragione alla ricorrente e di annullare la sentenza impugnata. Nello specifico, dal Palazzaccio hanno precisato che la condotta esaminata non poteva essere considerata una “truffa”, mancando il “comportamento fraudolento” e la “induzione in errore” del soggetto danneggiato, ovvero l’Inps.
Il Giudice di secondo grado aveva effettivamente errato nel ritenere che il silenzio della ricorrente circa la morte della madre costituisse, “di per sé, un artificio o raggiro”. La Suprema Corte ha quindi ritenuto di riqualificare il fatto, rubricandolo come “indebita percezione di erogazioni a danno dello stato” e rinviando la causa alla Corte d’appello affinché potesse nuovamente pronunciarsi sul caso, tenendo conto dei principi affermati.

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