Percepimento del TFR  e buona uscita da parte del coniuge e assegno divorzile (Cass. civ., sez. I, ord. interlocutoria, 8 maggio 2023, n. 12014).

Incentivo all’esodo e TFR percepito dal coniuge obbligato al mantenimento dell’ex moglie.

Con sentenza n. 5680/2017 il Tribunale di Milano accoglieva parzialmente la domanda della ex moglie e condannava l’uomo a corrisponderle il 40% di quanto ricevuto a titolo di TFR, respingendo la domanda inerente l’importo ricevuto a titolo di incentivo all’esodo (cd buona uscita). Secondo il Tribunale alla donna non spettava alcun importo percentuale sulle somme destinate dal convenuto ad un fondo di “previdenza complementare” nonché con riferimento alle somme percepite a titolo di “incentivo all’esodo”. Condannava, quindi, l’uomo a corrispondere alla ex moglie la somma di Euro 67.558,46, così determinata all’esito della compensazione con il controcredito di Euro 6.996,06, oltre alla somma omnicomprensiva di euro 9.000,00 mensile a titolo di assegno divorzile.

Successivamente, la Corte d’Appello di Milano, respingeva l’appello principale e quello incidentale, confermando la decisione di primo grado.

La donna ricorre in Cassazione invocando, previa rimessione alla Sezioni Unite, la violazione e falsa applicazione dell’art. 12-bis, L. 898/1970 sostenendo che la Corte territoriale avrebbe erroneamente escluso dal trattamento di fine rapporto l’incentivo all’esodo percepito a titolo di buona uscita dall’ex marito. Deduce, nello specifico, che “sia l’interpretazione letterale (…), sia l’interpretazione sistemica e costituzionalmente orientata della norma portano a ritenere applicabile la disciplina di cui alla L. 898-70, art. 12 bis a ogni tipo di indennità derivante dalla risoluzione del rapporto di lavoro svolto dal coniuge in costanza di matrimonio, avente natura retributiva e, comunque, ricollegabile all’apporto fattuale indiretto del coniuge percettore di assegno divorzile”.

Considerati i numerosi molteplici contrasti giurisprudenziali sul punto (Cass. n. 3297/1997, Cass. n. 14171/2016, Cass. n. 25193/2022), la prima Sezione rimette gli atti al Primo Presidente affinché disponga la rimessione alle Sezioni Unite.

Viene sottolineato che per un verso, è stato affermato che, in caso di divorzio, sono assoggettate alla disciplina di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 12 bis le somme corrisposte dal datore di lavoro come incentivo alle dimissioni anticipate del dipendente (cd. incentivi all’esodo), atteso che dette somme non hanno natura liberale nè eccezionale, ma costituiscono reddito di lavoro dipendente, essendo predeterminate al fine di sollecitare e remunerare, mediante una vera e propria controprestazione, il consenso del lavoratore alla risoluzione anticipata del rapporto (cfr. Cass. (ord.) 12.7.2016, n. 14171; Cass. 17.12.2003, n. 19309).

Per altro verso, invece, seppur più risalente, è stato affermato che la quota dell’indennità di fine rapporto spettante, ai sensi della L. 1970 n. 898, art. 12 bis, al coniuge titolare dall’assegno divorzile e non passato a nuove nozze, riguarda unicamente quell’indennità (comunque denominata) che, maturando alla cessazione del rapporto di lavoro, è determinata in proporzione della durata del rapporto medesimo e dell’entità della retribuzione corrisposta al lavoratore; non spetta pertanto al coniuge divorziato una parte di altri eventuali importi erogati, in occasione della cessazione del rapporto di lavoro dell’ex coniuge, ma ad altro titolo (nella specie a titolo di incentivo all’anticipato collocamento in quiescenza) (cfr. Cass. 17.4.1997, n. 3294).

Per tali ragioni, atteso l’effettivo contrasto giurisprudenziale, la prima Sezione rimette gli atti al Primo Presidente perché disponga – se reputa la pronuncia a sezioni unite in ordine all’argomento.

Avv. Emanuela Foligno

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