Il ricorrente, dipendente disabile, doveva allegare la nocività dell’ambiente di lavoro e descrivere nel dettaglio le modalità di verificazione degli infortuni e la loro precisa dinamica (Tribunale di Chieti, Sentenza n. 212/2021 del 10/06/2021-RG n. 392/2020)

Il ricorrente, dipendente disabile con mansioni di centralinista, impugna la sanzione disciplinare del rimprovero scritto irrogata con provvedimento del 5.3.2020 e deduce di essere stato vittima di una serie di condotte persecutorie, vessatorie e discriminatorie, tra cui altri tre procedimenti disciplinari del tutto pretestuosi e ritorsivi ed un diniego di concessione delle ferie. Con il medesimo at1WDSZto il ricorrente espone, inoltre, di avere subito due infortuni sul lavoro in data 20.01.2020 e 8.02.2020 per cause imputabili ad esclusiva responsabilità della società datrice di lavoro.

Si costituisce in giudizio la società resistente, deducendo l’infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.

Il Tribunale ritiene il ricorso infondato.

Per quanto qui di interesse, riguardo gli infortuni subiti, il ricorrente ha chiesto la condanna della parte resistente al risarcimento dei danni subiti in conseguenza degli infortuni sul lavoro del 20.01.2020 e dell’8.02.2020.

Tuttavia, il Tribunale osserva che il lavoratore si è limitato ad allegare e dimostrare la lesione subita a seguito dell’infortunio, ma non ha dedotto nulla circa i profili di inadempimento contrattuale ascrivibili al datore di lavoro, ai quali dovrebbe causalmente ricondursi l’evento lesivo lamentato.

Al riguardo, la Suprema Corte ha evidenziato: “la responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c . è di carattere contrattuale, atteso che il contenuto del contratto individuale di lavoro risulta integrato per legge, ai sensi dell’art. 1374 c.c. dalla disposizione che impone l’obbligo di sicurezza e lo inserisce nel sinallagma contrattuale. Ne consegue che il riparto degli oneri probatori nella domanda di danno da infortunio sul lavoro si pone negli stessi termini dell’art. 1218 c.c. circa l’inadempimento delle obbligazioni, da ciò discendendo che il lavoratore il quale agisca per il riconoscimento del danno differenziale da infortunio sul lavoro deve allegare e provare l’esistenza dell’obbligazione lavorativa, l’esistenza del danno ed il nesso causale tra quest’ultimo e la prestazione, mentre il datore di lavoro deve provare la dipendenza del danno da causa a lui non imputabile e, cioè, di aver adempiuto interamente all’obbligo di sicurezza, apprestando tutte le misure per evitare il danno”.

Ed ancora, la Corte Costituzionale ha precisato che “l’art. 2087 c.c. non configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva, in quanto la responsabilità del datore di lavoro – di natura contrattuale – va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento; ne consegue che incombe al lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare, oltre all’esistenza di tale danno, la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’una e l’altra, e solo se il lavoratore abbia fornito tale prova sussiste per il datore di lavoro l’onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che la malattia del dipendente non è ricollegabile alla inosservanza di tali obblighi “.

Seguendo tali principi, il ricorrente non doveva limitarsi ad allegare e provare gli infortuni subiti, ma avrebbe dovuto allegare la nocività dell’ambiente di lavoro e descrivere nel dettaglio le modalità di verificazione degli infortuni e la loro precisa dinamica.

Non può essere estrapolato nessun dato utile dalla documentazione prodotta (verbali dei NAS e della ASL), poiché nulla viene indicato riguardo la stabilità del maniglione della porta, causa degli infortuni.

Ma anche se così non fosse, non vi è nessuna specifica allegazione, né prova, del fatto che le carenze e le irregolarità riscontrate – mancanza di sistema di aspirazione e carenza di campanello di emergenza -, siano state la causa degli infortuni sul lavoro del 20.01.2020 e dell’8.2.2020.

La CTU ambientale espletata nel corso del giudizio di ATP, neppure ha fornito tali delucidazioni, e, comunque, qualsiasi risultanza della CTU non può tardivamente colmare le carenze di allegazioni del ricorso che incombono esclusivamente sul lavoratore.

Eguale ragionamento per la CTU chiesta nel giudizio di merito che non è stata ammessa proprio a causa delle carenze probatorie del ricorrente, e risulterebbe esplorativa e inammissibile.

Per tali ragioni, le carenze evidenziate conducono al rigetto della domanda di condanna al risarcimento dei danni per gli infortuni subiti.

Egualmente, la domanda volta all’accertamento di mobbing viene rigettata, per le medesime ragioni.

Anche in caso di mobbing si verte nella responsabilità contrattuale del datore di lavoro ex art. 2087 c.c., con le conseguenze in capo al danneggiato dei relativi oneri probatori.

Non vi è nessuna prova dell’esistenza di condotte ostili intenzionali del datore di lavoro finalizzate a emarginare il ricorrente.

Innanzitutto, alle due contestazioni disciplinari del 14.11.2019 non ha fatto seguito l’applicazione di alcuna sanzione disciplinare, il che vuol dire che la società resistente ha tenuto in debito conto ed accolto le giustificazioni fornite dal ricorrente.

In secondo luogo, la sanzione disciplinare del rimprovero scritto irrogata il 24.07.2019 è stata, invece, annullata solo per violazione del principio di proporzionalità, come si evince dalla lettura della sentenza prodotta all’udienza del 21.01.2021, ma il fatto contestato è stato ritenuto dal Giudice sussistente e disciplinarmente rilevante, anche se punibile con la sanzione meno lieve del rimprovero verbale.

In buona sostanza, tutte le condotte descritte dal ricorrente come vessatorie sono esercizio delle prerogative del datore di lavoro, e comunque non è stata fornita la prova che siano stato poste in essere con la specifica finalità persecutoria.

Il ricorso, pertanto, viene integralmente rigettato.

Le spese di lite seguono la regola della soccombenza e vengono poste a carico del ricorrente nella misura liquidata di euro 8.815,00 oltre spese generali e accessori.

Avv. Emanuela Foligno

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